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martedì 27 novembre 2012

Pozzanghere.


La pioggia di novembre
distrugge tutto,
tingendo
i miei occhi
di grigio,
le mie speranze
di fango.

Sorrido dormo annego
in questa calda apatia
di tessuti sintetici,
in questo mio guscio
di cartapesta colorata.

lunedì 19 novembre 2012

Bah.

Maschere, sia io sia la gente ci domandiamo con ansia crescente se quello che siamo e mostriamo agli altri siano solo stupide maschere.

Secondo me la nostra mente ribolle di pensieri che permangono sempre, solo che, come succede in una pentola d'acqua in ebollizione, non possono stare tutti a galla contemporaneamente. E così, a seconda di quello che ci passa per la testa, siamo un giorno in un modo, un giorno in un altro. E cambiamo anche, ma siamo sempre noi, perché i cambiamenti sono insiti in pensieri di cui non ci rendiamo conto, che nascono in sordina e destrutturano tutte le nostre fantastiche congetture psicologiche.

Ho visto persone a me care invadere con la rabbia tutto il mondo circostante a cominciare da loro stesse, ho visto il loro odio tangere il mondo e sconvolgermi, e ho visto quelle stesse persone tornare in sé e risorgere dal nulla poco dopo.

Ho visto me stessa cercare in giro, trovare, perdere e riconquistare speranze, fiducia, affetto e brandelli di ego perduti nell'etere.

Maschere? Passare il proprio tempo a far credere di non essere parte di ciò che si è usando strani modelli comportamentali e causandosi crisi esistenziali di varia natura?

Nah, troppo complicato.

venerdì 16 novembre 2012

Sogni. (Incubi?)

Ultimamente mi sembra di vivere in un enorme sogno di ovatta. Il mio mondo si è fuso, confuso e sfilacciato in strani complicati modi, e le emozioni suonano come ricordi lontani di cui mi giungono vaghi echi di tanto in tanto.
Le speranze, poi, ancora peggio. Vago nel mio mondo comatoso invaso dai fazzolettini mutanti di stagione, cercando luci in ogni angolo, ma più vado avanti più tutto diventa sempre più buio, buio, buio. Oppure, cosa altrettanto probabile, io sono sempre più cieca, cieca, cieca. E le poche speranze che ho io di mio mi sembrano di scarso valore, e vanno scemando pure quelle.
Gran parte delle mie convinzioni, di fronte a un'ingorda realtà, si sono rivelate essere solide quanto la panna montata, e sono state impietosamente inghiottite, sparite nel giro di una frazione di secondo.
Sto sveglia ad orari impossibili anche se muoio di sonno e ho delle borse sotto gli occhi che arrivano fino a terra, mangio senza avere la benché minima traccia di fame, mi trascino attraverso questo stupido tempo troppo uguale e troppo freddo senza avere la forza o la convinzione di concludere niente, sballottata su e giù attraverso una routine sempre uguale da curiosi e insoliti colpi di (s)fortuna, sono stanca di essere stanca. Sto smettendo di vivere, credo. O forse è solo il raffreddore.

Una volta ho fatto un sogno inquietante. Ero in acqua, e ho iniziato a nuotare verso il fondo, se un fondo c'era. E quando ho finito il fiato per proseguire, ero scesa troppo in profondità per riuscire a tornare in superficie. Mi sono svegliata senza fiato nei polmoni.

Pff, stupidi sogni.

mercoledì 14 novembre 2012

Non importa a nessuno.

Non importa assolutamente a nessuno se fai la vittima con te stessa mentalmente, se sei sull'orlo delle lacrime, se fai buon viso a cattivo gioco portando maschere di cartapesta, se l'autolesionismo fisico ti fa orrore ma in realtà la tua anima si taglia continuamente le vene, se ti senti esclusa.

Non. Importa. A. Nessuno.

E non suscita interesse nemmeno il fatto che ti vuoi vendicare di gesti che in realtà dovresti solo apprezzare, tanto poi sai che non farai mai niente perché non ne sei in grado nemmeno per caso, nemmeno per sbaglio. Non sei nemmeno in grado di rispondere o di argomentare. E sei superficiale come uno stupido specchio.

Ergo. Dove vuoi andare? Cosa stai diventando?
E soprattutto, per l'ennesima volta, chi ti credi di essere?

domenica 11 novembre 2012

Pausa di riflessione.

Ogni tanto, è bene ricordarsi di mandare mentalmente a farsi friggere le incombenze del caso, i compiti, i social network di sto ciuffolo, le preoccupazioni, gli stupidi corsi di canto corale fissati ad orari indegni, l'inesistenza del dono dell'ubiquità, l'orologio, la consapevolezza che un'altra giornata è finita, la paura per il futuro. Anzi, no, quella la si bisogna prendere, sezionare ed esaminare ben bene in modo critico, magari con un po' di musica deprimente di sottofondo. Poi però bisogna accartocciarla, farne una pallina e con un calcio spedirla nel proprio cestino mentale, e possibilmente fare in modo che resti lì. Magari insieme a quella finta corazza e a quella maschera da io-sono-un-duro-e-non-potete-ferirmi.

E una volta privati del nostro stupido guscio, anche senza ammettere platealmente la propria debolezza, è bello lasciare che qualcuno  la intuisca e leccandoci le ferite ci rassicuri. E' bello, per un momento, non aver bisogno di sentirsi dire "andrà tutto bene", perché non ci si sta ponendo il problema di cosa potrebbe andare storto.

Ogni tanto, è bene ricordarsi di dimenticare.

sabato 3 novembre 2012

Eclissi.

Piango. Non so perché, ma piango, e se cerco di reprimere l'impulso dei miei muscoli facciali a contrarsi, è ancora peggio. Approfitto della solitudine della mia stanza, che una porta separa dal resto del mondo, e maschero i miei singhiozzi malcelati buttando la faccia sul cuscino e mettendo su musica a un volume ragionevole, o, se non altro, abbastanza alto perché si confonda con il mio respiro troppo forte.

Vivo in un mondo a parte, staccata dalla mia famiglia. Il pomeriggio e la sera li passo fissi chiusa in camera, non potendo - o non volendo - uscire. Unici momenti di dialogo, colazione, cena e due minuti quando i miei tornano dal lavoro. Non so da quanto tempo non sto seriamente con la mia famiglia. Per una volta, per una sola volta, ho provato a starci assieme, e peraltro eravamo anche a casa delle zie e inspiegabilmente mi sentivo particolarmente di buon umore e ben disposta. E i miei fratelli e io eravamo lì in un angolino ridendo e scherzando, ma senza far poi tutto sto gran trambusto. Ed era bello ridere con loro.

Ci ho provato. E cosa ho ottenuto? Mi sono presa della bambina e dell'infantile e sono stata costretta a sedermi da un'altra parte. Faccia al muro perché nessuno mi vedesse reprimere le lacrime. Mi provo a guardare allo specchio e, alla vista del mio riflesso, lo romperei volentieri con un calcio rotante, per rendere più giustizia alla mia immagine. Perché non mi sento più una persona. Sono solo un ammasso di briciole. Volto le spalle alla pietosa apparizione che è la mia immagine riflessa. Mi sorprendo un trenta secondi dopo, sempre cercando di non singhiozzare, il viso travolto dalla rabbia che picchia per uscire fuori, con due asciugamani bagnati che sanno di cloro in una mano, e l'altra mano che tamburella il ritmo di Guiding Light su uno scaffale della libreria.

Mi dico: "Non voglio vivere più qui."
E mi chiedo: "Dove andrò a finire?"


Sì, eclissatemi come se fossi il mucchietto di polvere raccolto dalla scopa, in un angolino della stanza.
Ormai non vi appartengo più. Ma aspettatevi di vedermi sublimare nel nulla non appena si aprirà una finestra.


Loved by numbers , you're losing life's wonder ; touch like strangers; detached, I can't feel you anymore.
The sunshine trapped in our hearts, it could rise again, but i'm lost, crushed, cold and confused with no guiding light left inside...

giovedì 1 novembre 2012

Ipotesi.

Forse eravamo in mano a un'entità strana che gioca con le vite umane come fossero mattoncini lego. Magari eravamo legati assieme, e ci ha staccati e lanciati in due punti a caso nella sua cameretta esistenziale.
E poi ci siamo ritrovati per caso nello scatolone dei giochi.