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martedì 29 maggio 2012

Senza parole.

Camminavo su un filo spinato
lungo cui mi hai accompagnato
per un po',
illusione invisibile.

Dimentica di me, la terra canta,
voce di tamburi di guerra.
Ho perso l'equilibrio
facendo la gimcana tra le lacrime.

Forse sono intera o forse
polvere, forse la pioggia è solo
una somma di frazioni.

Com'è irrazionale il silenzio,
radice quadrata di noi
in cui mi perdo.

sabato 26 maggio 2012

L'inizio della fine. (Senso di realizzazione)

Ci siamo. E' andata. E' fine maggio. E' sabato. Ancora oggi, e questa settimana di fuoco potrà dirsi ufficialmente conclusa.
Se sopravvivo a oggi, potrò veramente, ma veramente considerarmi fiera di me.
La giornata peggiore, a livello di impegni, è stata sicuramente quella di ieri. Cinque ore di scuola, corsa a casa, pranzo, stazione, treno, conservatorio, lezione di chitarra, scambio di opinioni con gli altri allievi del prof, giusto 25 dei 60 minuti che avrei avuto da spendere a lezione di solfeggio, prova del suono, fibrillazione per l'inizio del saggio, alle sei saggio (che alla fine, per molte e lunghe peripezie, mi sono ritrovata ad aprire, mentre in teoria ero seconda in scaletta), treno di ritorno, un quarto d'ora per cenare decentemente, un quarto d'ora per mettersi un po' in tiro, (si erano fatte nel frattempo le otto e mezza), di corsa all'auditorium delle superiori, mezz'ora di cazzeggio, un'oretta di spettacolo, e per le dieci-dieci e mezza ero finalmente a casa. In teoria, alle superiori, dovevo fare due spettacoli: uno alle sei e uno alle nove. Peccato che io stia ancora lavorando sull'acquisizione del dono dell'ubiquità, quindi non potevo essere in auditorium e al conservatorio contemporaneamente. Anche se sarebbe stato figo. Però mi sono sentita gratificata. Al conservatorio, mi ha fatto i complimenti una ragazza che quest'anno si diploma. Cioè, parliamone. Non so se erano complimenti di circostanza, ma anche se fosse, mi sono sentita potente come pochi. Invece, all'altro spettacolo, le star della serata erano altre, e io ero lì solo per fare qualche accordo. Eppure, dopo la fine, un signore mi ha detto qualcosa tipo "Stasera non hai cantato". Wow. Manco al mio vecchio pubblico *-*

Oggi... dai, oggi non sarà difficile. Cinquanta minuti di piscina, torno a casa e devo aprire una serata in biblioteca. La cosa più bella sarà mettersi in tiro. E l'adrenalina prima di cominciare. Sarà fantastico, assolutamente fantastico. Non vedo l'ora. Mi immagino già mentre suono, davanti a tutta la gente, l'adrenalina che mi guida le mani e il sangue che affluisce alle guance. E la musica. Rimbalzerà dalla cassa armonica alla parete opposta. Riecheggerà in tutta l'anima. Come ha sempre fatto, e come farà sempre. Poi, l'ultimo accordo, scuro e caldo, fermare delicatamente le corde con la mano, alzare lo sguardo e prendersi gli applausi. Ecco perché amo suonare in pubblico, oltre che suonare in generale.

E dalla prossima settimana, gli impegni si diraderanno, e avrò solo due pomeriggi a settimana impegnati. Oh, che bello. La fine dell'anno scolastico si avvicina, il cerchio si chiude.

E io sono in ritardo per la piscina xD

mercoledì 23 maggio 2012

Crisi all'ultima ora di una tediosa giornata di scuola.

La classe è in guerriglia. Un campo di battagli a colpi di cancellini, schizzi d'acqua e risate, tante. Nuvole di gesso che si liberano come fumo dopo una detonazione. Le bombe-cancellino sono sempre molto temute. Oltre a me e ai prodi militi, solo altre due femmine, che si schermano dall'acqua che schizza con un braccio.
E io sono fuori di tutto ciò, appoggiata al muro, le gambe distese, le caviglie incrociate, e ogni tanto un cancellino atterra nei miei paraggi, per caso o per sbaglio. Mi sento sola, anche se non lo sono. So che non lo sono. Ma in una giornata del genere, in un contesto così, non c'è sostegno morale o training autogeno che tenga. Non sono sola, ma in qualche modo lo sono. E sono confusa, e non poco.

Perché?

Già ci vediamo pochissimo. Non mi vuole più vedere, con quella scusa del cazzo che mi appone continuamente, che devo imparare a stare anche senza di lui, anche se lui è a tipo dieci metri da me e io sono con persone che nella mia vita ho visto una volta a malapena? Non mi vuole? Bene, tolgo il disturbo.
Tolgo il disturbo, mi volto e me ne vado, con la certezza crescente, passo dopo passo, che non mi fermerà, che non mi verrà a cercare, no, non mi verrà mai a cercare di sua iniziativa, per una fottuta questione di orgoglio, per dimostrarmi che senza di me può benissimo vivere o semplicemente perché non ha nessunissimo bisogno di vedermi o di sentirmi, e la sua vita senza di me è identica, e non sente assolutamente la mia mancanza.

Magari è un mio viaggio, una mia impressione. O magari domattina mi ritroverò single. E dato che di sentirmi dire che sono una cazzo di ombra, un essere dipendente, che sono incapace di gestirmi la mia vita sociale, dato che di essere dipinta così, non ne ho sinceramente voglia, mi vedo quasi costretta a smettere di cercarlo.

Lui mi cerca?
No.

E io perché lo cerco allora, se lui non è disposto a venirmi incontro a metà strada?

E mi sale il groppo in gola, e mi viene il nervoso, a pensarci, perché so che se smetto di cercarlo c'è il caso che io non lo veda direttamente più. E non vorrei che finisse così... troppe cose mi legano a lui.

Peccato che a lui, di me, importi ben meno.

lunedì 21 maggio 2012

Rain.

Rain, rain, go away,
Come again another day.
All the world is waiting for the sun.

E' maggio inoltrato ma sembra novembre. Sono due giorni che piove e fa freddo, tanto freddo. Beh, tutto sommato c'è bisogno di equilibrio. E c'è bisogno di pioggia. E a volte quelle giornate grigie, freddolose e umide, hanno anche un retrogusto piacevole, non so perché. La pioggia fa sembrare tutto più onirico, il bianco dei neon diventa meno asettico. La sera, suonando, a volte mi fermo ad ascoltare le gocce cadere sul tetto. Se da fuori le sentirei scrosciare, il legno delle capriate mi restituisce un suono morbido, come di polpastrelli su una cassa armonica. E talvolta mi unisco anch'io al coro, tamburellando sulla chitarra.

Che periodo strano. E pieno di notizie inusualmente orribili. Una pioggia di notizie orribili.
Una bomba piazzata davanti a una scuola? Fermo restando che non si è mai vista una cosa del genere. Studenti delle superiori, cazzo. Il momento in cui uno progetta di farsi una vita, ogni emozione è elevata all'ennesima potenza... In cui la vita è più piena di... di tutto. E' come dare fuoco a un bocciolo di rosa.
Un gesto immotivato e crudele.

Poi, il terremoto. Nella mia zona non si è sentito più di tanto, ma la paura che tiri forte anche qui è tanta. Ieri, progetti pazzi di fare una tendata con i miei migliori amici, nel piazzale sotto casa. Così se avessimo sentito il terremoto, saremmo già stati fuori di casa, pronti a tranquillizzarci l'un l'altro, ci saremmo sentiti doppiamente al sicuro. Ma poi abbiamo spento i computer e siamo andati a dormire, e la notte è passata tranquilla e senza scosse.

Questa pioggia prima o poi deve finire. Deve per forza. Tutto il mondo sta aspettando il sole.

mercoledì 16 maggio 2012

Indietro non si torna. (Storia e gloria di una strana giornata di maggio)

Non è che dicono per dire quando senti "15 (o 16, o 18, o qualunque altro numero) anni nella vita li compi una volta sola!". Proprio no. I compleanni sono... sono... dei giorni particolari. Ok, ammetto che sono particolari solo perché noi crediamo che lo siano. E ammetto che gli do sempre un'importanza esagerata. Però però però... avrei voluto pensare a qualcosa. 18 anni sono una bella cifra. E la persona che li compie oggi non è certo una persona qualunque.
Ormai comunque, fermo restando che la storia non si fa con i se, indietro non si torna e chi si ferma è perduto, anche la giornata di oggi può tristemente affondare nella nebbia del tempo come giornata che non si è contraddistinta per nessunissimo aspetto. A parte, forse, le fottute prove Invalsi. Ecco, sotto il profilo scolastico è stato qualcosa di veramente insolito. Orario sballato perché le prove duravano 90 minuti e si iniziava solo alle nove, quindi niente intervalli normali (ma forse è anche meglio, invece che dieci minuti sono durati almeno un quarto d'ora); continui confronti con i compagni, prima e dopo le prove, per chiedersi a vicenda cosa si era studiato e che risposta si aveva dato alla tal domanda; trasgressione... mi domando quanto sia trasgressivo riempire l'ultimo foglio vuoto nel plico della prova d'italiano con tutto ciò che mi veniva in mente, come fosse una pagina del mio diario. Tante righe quante ce ne stavano in un quarto d'ora di flusso di coscienza. Il tempo non passava più, infinito era il foglio con tutte le cose che avrei potuto scriverci, e infinita era la penna, con tutto l'inchiostro che conteneva, chilometri di linee attorcigliate in modo tale da assumere senso compiuto. E la tentazione di cavare da due oggetti infiniti dei pensieri finiti era forte, così ho ceduto. E ora sono qui che immagino cosa potrebbe succedere se qualcuno si prende la briga di leggere i miei pensieri sconclusionati. Non ci ho scritto niente di che, nessuna frase goliardica di sorta, però mi rimane il dubbio. Non ci ho dato troppo peso, perché gli spazi bianchi erano a nostra disposizione. Chissà. In questo momento stanno partendo i soliti viaggi mentali. Com'è tipo se scrivere su quella pagina bianca è illegale e io finisco su tutti i telegiornali? Oppure se per miracolo i miei pensieri smonchi vengono notati da qualcuno che li porta a una fama nazionale? (Perdonatemi, siamo alle solite, pensieri megalomani di una persona egocentrica e autoproclamativa)

Non saprei dire nemmeno perché è stata una giornata così strana. In fondo, cosa c'è stato di strano? Niente. Solo il sapore. L'impressione. Strana. Ineffabile. Vuota. Come le mie giornate. Oggi avrei voluto uscire, ma non sapevo con chi. E l'anno scorso proprio in questa data avevamo organizzato un'uscita. Decisamente il pomeriggio peggiore di tutta la mia vita, passato a camminare per il paese da un posto all'altro, senza punti di riferimento, sola, nervosa, in lacrime, chiedendomi che fine avesse fatto lui. Poi quella chiamata, e io che continuavo a piangere al telefono, lui mortificato perché non voleva farmi stare male. Bei tempi. Avevo ancora una certezza, un punto fermo.
E poi è arrivato quel sabato, il primo di una serie di giorni confusi, molto confusi, un giorno torrido e salato di lacrime, e soprattutto ricco di errori senza rimedio. Mi sento come se fossi rovinosamente caduta e, una volta ripresa coscienza, non riuscissi a stabilire se mi sono rotta qualcosa o sono ancora tutta intera.
Non sono il tuo mondo. E tu non sei il mio. E così, ecco che la mia anima implode, perché dava per scontato qualcosa che in realtà non è mai stato così. Che storia è questa?, che razza di ragionamento è?, mi chiedo, mentre le lacrime sgorgano da sole, intervallate da singhiozzi. E intanto lui mi abbraccia. E ride, non mi è chiaro il perché. Forse trovava stupido il mio pianto (e non avrebbe nemmeno torto, in fin dei conti), o forse non sapeva gestirsi, non sapeva gestirmi, e ridere era il meno peggio che riusciva a fare in quel momento. E' acqua passata. Non si ripeterà. Non dovrei nemmeno starci pensando, ma inevitabilmente ogni volta che cerco di capire come sto la mia mente corre a quel momento. A quel giorno.

Il giorno in cui il mondo mi è crollato addosso.

venerdì 11 maggio 2012

Perle di saggezza delle due del pomeriggio.

Avrei sempre voluto vivere una di quelle scene da film, o un momento intenso come quelli che si descrivono nei romanzi. Dentro di me l'ho sempre voluto, persino adesso in realtà sto macchinando un viaggio mentale sulla scia di cose-inaspettate-che-potrebbero-succedere-ma-non-succederanno. Perché è così, non succederanno. La vita non è un film. Né tantomeno un romanzo sentimentale. Non ci troveremo mai assieme soli in riva al mare al tramonto, non sarò mai capace di fare litigate drammaturgiche, non busserai a casa mia tra cinque minuti con un mazzo di fiori dietro la schiena (del resto, sarebbe anche strano dato che non ce n'è motivo) e devo finirla di farmi viaggi.

La storia non si fa con i se. "E se io gli avessi detto così invece di quello che gli avevo detto, si sarebbe seriamente pentito di quella battuta idiota?". Forse sì, forse no, ma qualunque sia la risposta mi serve forse a qualcosa saperlo? E' ovvio che sarebbe troppo facile se le cose andassero sempre come vogliamo noi, è scontato. Non ci vuole un genio a capire che simili cose non accadono sulla Terra.

Le scene da film, mannaggia. Chi se le è inventate? Razza di agglomerati di saccarosio mediatico. Ti guardi le commedie e i film d'amore, pensi "quanto è bello tutto ciò" e automaticamente arrivi a credere sinceramente che qualcosa del genere possa capitare anche a te. E ti dovrebbe capitare solo perché lo vuoi tu? Oh, ma certo che no. Se ognuno potesse avere quello che vuole chissà come girerebbe il mondo, insomma, regnerebbe il caos. Siamo esseri troppo spregiudicati per avere il potere di cambiare il corso degli eventi come ci pare. C'è tanto male anche in noi, alla fine. Anche se parecchi non vorrebbero ammetterlo, a cominciare da me.

Insomma, il punto è che se le cose vanno come vanno c'è sempre un motivo. E le leggi del mondo non cambiano ad personam - perlomeno, non nella maggior parte dei casi. E' facile pensare, per dire, "se io fossi ubiquo farei questo questo e quest'altro", il punto è, se tutti fossero ubiqui, malintenzionati compresi, non ci sarebbe ordine. E' come se le leggi fisiche, chimiche, sociali e chi più ne ha più ne metta, fossero fatte così proprio per rispettare una sorta di equilibrio cosmico che altrimenti non esisterebbe. Te lo immagini un mondo senza l'attrito? Forse manco la vita ci sarebbe.

Sono cresciuta con la convinzione che, pur restando inosservata, qualcuno prima o poi mi avrebbe notata. Proprio per colpa di quei filmetti adolescenziali, dove la ragazzina timida, spaurita e asociale viene sempre e costantemente adocchiata dal ragazzo più figo della scuola. Può anche capitare, è verosimile. Ma non è così che funziona, e ci ho messo un bel po' a capirlo. Così ogni tanto ancora risento degli effetti delle temibili scene da film, mi metto in un angolino e poi mi lamento perché nessuno mi parla o mi nota. O meglio, mi lamentavo. Sotto questo punto di vista, aver cominciato il corso di teatro è stata una vera esperienza. Ora, se mi eclisso e nessuno mi nota, non mi lamento più, anzi. Mi sento fiera di me, perché significa che sono riuscita così bene a fingere di essere uno zaino, che agli occhi altrui sono un oggetto inanimato. E penso "Merda, sono un'attrice nata".

Vabbè, non sono così pessimista in realtà. Sono solo meschina, cinica, ipocrita e abominevole, credo.

domenica 6 maggio 2012

Qual è la formula molecolare delle lacrime? (Chi si ferma è perduto)


E la loro massa molare? Deve pesare tanto, una mole di dolore. O di felicità. Qual è la chimica che c'è dietro al mio pianto? Da dove parte l'impulso di piangere, il groppo alla gola, da dove partono le lacrime stesse? Chi glielo dice di venire a rompere le scatole proprio in quei momenti, magari subito dopo una battuta pungente che avrei voluto prendere  sul ridere, o una frase assolutamente irrilevante? Chi le fa tornare indietro, dopo che erano state cacciate brutalmente via, chi le fa saltare fuori una volta che sono sola con me stessa? E sul cuscino, una volta finito quello sgorgare incessante, una volta sparito il bagnato, resta una traccia?
Chissà...

Sono diversi giorni che non scrivo e di questo mi scuso. La vita va avanti, com'è logico, e maggio, beh... Maggio è un gran mese sotto tutti gli aspetti. È il mese in cui in ogni frangente bisogna dare tanto. Al conservatorio, un saggio gli esami da preparare. A scuola, un bombardamento di verifiche e interrogazioni, questo è un dato di fatto. Poi, ogni corso a cui mi sono iscritta implica impegni vari, ovviamente: lo spettacolo di teatro sabato prossimo e la replica il primo di giugno; il First Certificate da preparare e, possibilmente, conseguire con successo (salvo poi vaneggiarmi di aver preso il First Certificate a 15 anni) (da notare, mi impegnerà minimo due giornate, perché non riusciranno a fare tutte le prove nello stesso giorno); alla fine del mese, un altro saggio di musica, con l'orchestra delle medie. E poi, inutile dire che con la bella stagione che incalza la voglia di uscire e fare un giro è tanta, quindi anche la mia vita sociale devo mantenerla ben curata. Insomma, a vedere la mia agenda di maggio c'è da pensare che io sia pazza. E conosco non poca gente che al posto mio, solo a pensare alla mole di impegni che ho, si infilerebbe le mani nei capelli e, in preda a un'improvvisa crisi di nervi, comincerebbe a correre in tondo gridando insensatezze. Beh, dato che di cose da fare ne ho, appena ho tempo libero mi rammollisco sul letto o sul divano, oppure esco e mi dedico a non fare assolutamente niente. Come dire che mi rammollisco, però all'aria aperta. E questa è principalmente la ragione per cui non scrivo.
L'altra cosa di cui mi scuso è che non mi decido ancora a pubblicare i premi che fino adesso mi sono stati assegnati. Fermo restando che non potrei attenermi alle regole, ormai ho perso il conto di quante volte mi è stato assegnato un certo premio... Però è già in fase di preparazione un post gigante con tutti i premi assegnati fino adesso e, nei limiti del possibile, un adempimento alle regole. Gigante, poi. Senza contare i premi assegnati più volte, in totale saranno quattro o cinque, accumulati in un paio di mesi. E ancora mi ostino a non pubblicarli... Ma arriveranno, arriveranno.

Maggio, maggio, maggio... C'è sempre un'atmosfera particolare. Da una parte sei lì che gongoli perché l'anno è sul finire, dall'altra affili le armi per il rush finale, perché sai che è il momento di darci dentro al massimo e portare a casa un buon risultato. Tira già un'aria di fine, però ricorda stranamente un inizio, come i primi giorni di scuola. L'inizio della fine. Il sole che, in assenza di nuvole, picchia fortissimo, come fosse agosto, ma è piacevole e fa svegliare. Poi quest'anno è un discorso a parte, perché di periodi soleggiati ce n'è stati tanti, ma ultimamente il tempo è abbastanza piovoso. Poi le premiazioni dei concorsi, le cerimonie per le borse di studio, la festa della scuola da mettere in piedi. Sono tutte quelle piccole cose che ti fanno capire che ormai è quasi finita, che hai tirato avanti con successo per un altro anno, e poi? E poi un altro anno ancora, fino al diploma. Pensi a quello che è stato, a quello che sarà, ti domandi se hai assaporato veramente a fondo tutti gli attimi, e nel dubbio tiri una boccata di aria-di-inizio-di-fine e te la godi.

Quello che più mi frega è che aprile è un mese pieno di ponti. Ora, i ponti sono atroci in questo periodo, perché ti danno l'illusione di uno stacco totale, e invece poi devi riprendere a ritmi più forsennati di prima. E l'ultimo ponte, che ci ha fatti stare a casa il 30 aprile regalandoci una settimana scolastica di soli tre giorni, è stato abbastanza traumatico. Ora, degli ultimi 7 giorni solo 3 erano di scuola. Nei prossimi 7 giorni, invece, ce ne saranno 5 scolastici, e al sabato e alla domenica dovrò studiare. Anzi, no. Al sabato sarò via di casa tutto il giorno, per via dello spettacolo di teatro. Poi mettici il tempo per studiare chitarra, solfeggio, preparare bene il copione, reperire degli abiti di scena adatti (dato che comunque sono stati decisi giovedì), prove supplementari di qua e di là, la simulazione dell'esame di inglese, i prof in fibrillazione perché tra un po' ci toccano anche le prove Invalsi... Ok, direi che forse sono giusto un po' piena di impegni. Ma sopravviverò, sopravviverò. Certo, in periodi così la prospettiva di un pomeriggio passato in panciolle su un divano in compagnia di un buon libro è parecchio allettante. Ma di quei pomeriggi ne avrò finché voglio in estate. Ogni cosa a suo tempo, e adesso è tempo di essere aggressivi *improvvisa una danza tribale tipo quella degli All Blacks*

Quindi, la smetto di blaterare e comincio a chiudere il computer :3