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mercoledì 7 febbraio 2018

Horror vacui

Ci sono ancora tutte le carte con gli ultimi appunti presi per organizzare i mille eventi che incombevano, il pranzo di tesseramento, la riunione di bilancio del centro anziani, l'assemblea degli iscritti. Sarebbero ancora appoggiate sulla tavola così come erano state lasciate, se non avessimo dovuto, ad un certo punto, e solo dopo giorni, arrenderci e spostarle per apparecchiare. La straziante necessità del gesto quotidiano che frantuma il fermo immagine della tragedia. C'erano un blocco note, ricavato artigianalmente da una molletta e un certo numero di volantini inutilizzati, un portamine, sempre lo stesso da anni e anni, una gomma per cancellare, altri fogli con appunti, stampe di comunicati, documenti da leggere, i due computer, la memoria esterna. Sul calendario, molte date contrassegnate da appuntamenti, annotati con un pennarello indelebile rosso. Di fianco, sul muro, una tabella stampata, meticolosamente ritagliata e fissata con lo scotch, che riporta tutti gli orari dei treni in partenza dalla stazione sotto casa, per una rapida consultazione in caso di dubbi. Treni che continuano ogni mezz'ora a passare, chiaro messaggio da parte dell'universo che lì fuori tutto sta andando avanti, anche se io sto ferma, seduta sulla sedia e riversa sul tavolo dalle ore tre, nella stessa identica posizione o quasi, a pensare, o forse a non pensare più, ogni tanto a piangere, ma a che pro? Intorno a me quello che rimane della famiglia, dopo che tutti hanno fatto ritorno alle proprie città. Ce ne stiamo sparsi per la stanza a parlare delle persone che c'erano, di quanto fosse stata bella e adeguata l'omelia del parroco, ogni tanto cade il silenzio, rotto da qualche sospiro. Così tanti spazi vuoti. Una intera casa vuota, ora. Lui la riempiva tutta, sapeva sempre trovare l'aneddoto giusto per strappare una risata, oppure un filosofo da citare, una vecchia serie di foto da far vedere e di cui sapeva raccontare ogni singolo particolare, una parola dimenticata in dialetto di cui sottolineava l'etimologia. Crisòmmola, per esempio. Significa albicocca. E deriva dal greco. L'unica parola napoletana che mi ricordo delle tante che mi raccontava. Quando ero molto piccola, mi ricordo anche che mi spiegò il significato della parola "evitare", perché io ancora non lo sapevo. Fece rotolare un rotolo di scotch oltre il margine della tavola e acchiappandolo al volo disse: "Ecco, io ho evitato che lo scotch cadesse". Ci sono un'infinità di cose che mi ha raccontato, insegnato, lasciato in eredità. Ora più che mai ho una paura infinita di perdermele per strada.