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giovedì 8 ottobre 2015

Stress.

Forse dovrei prenderla un po' più alla leggera, questa storia dell'università.
"Quarto giorno di uni e tutto va bene", ho detto oggi a non so bene quante persone. E invece tutto va bene per un cazzo.
Sicuramente il fatto che io abbia deciso di iniziare a frequentare da pendolare non aiuta. Un'ora e mezza all'andata e un'ora e mezza al ritorno ogni giorno finiscono buttate nel cesso, detta proprio brutalmente.
E poi in generale mi sembra di annaspare, di non avere il tempo di fare nulla. Perché sì, mentre sono sul treno di ritorno afferro un post-it e ci scrivo "Scaricare dispense bio animale", "Continuare formulario", "Rivedere appunti". Ma poi arrivata a casa sembro essere totalmente incapace di concentrarmi sulle cose. E quindi non faccio nulla, almeno fino a ora di cena. Dopo la cena almeno un po' di pace la trovo. Prima è tutto un genitori che chiedono favori, fratelli affettuosi che vogliono le coccole, tutti che vogliono sapere com'è andata la tua giornata. Ma come vuoi che sia andata? Sono andata a Bologna, ho fatto lezione, sono tornata, è stato interessante anche se stancante, fine.
In generale ho paura di questa sostanziale chiusura verso il mondo, perché non è da me. Ho paura di tutto. Arrivata a casa vorrei veramente mettermi lì e raccontare la mia giornata. Ma vorrei anche suonare, spulciare della buona letteratura, guardare gli appunti e gli approfondimenti, sentire i miei amici, uscire a fare un giro. Ma non ci riesco, perché qualunque cosa io scelga di fare vengo interrotta da qualcos'altro di più urgente. Oggi poi sono arrivata al colmo.
Prima ho incontrato un ragazzo che ha fatto la mia scuola superiore, quindi ci conoscevamo di vista. Già che c'ero mi sono seduta e abbiamo iniziato a fare chiacchiere. Ma non vorrei esattamente averlo fatto, col senno di poi. Abbiamo parlato per quaranta minuti buoni esclusivamente di vita universitaria e di quanto faccia male alla salute. Il quadro che è emerso è che la sensazione di arrivare a casa e voler morire non è affatto una cosa momentanea che passerà nel farci l'abitudine, ma sarà sempre così se non peggio. In più è statisticamente quasi certo che prenderò su del peso e finirò per avere problemi alla vista a furia di star sui libri. Il quadro che è emerso, in definitiva, è che per quanto finga di essere entusiasta, vorrei solo scappare via da questa cosa, perché mi rifiuto di credere che la vita di un universitario sia sempre e solo così, ma a quanto pare lo è.
Dopo questo idillio, arrivata a casa pensavo di mettermi a leggere qualche articolo di biologia e scaricare qualche dispensa. Solo che prima dovevo salutare tutti, recuperare la voglia di vivere, sistemare la mia stanza, aiutare ad apparecchiare, già che c'ero anche cenare, solo che poi dopo cena è saltato fuori che erano finalmente arrivati i DVD di un concerto fatto ad agosto e quindi che figata, guardiamo questi benedetti DVD, e i DVD non partivano, e provali sul tuo computer per piacere, va bene mamma, ci provo sul mio pc ma non partono lo stesso, per favore aiuta tuo padre a scaricare quel programma, mamma ma guarda che se cerchi su internet lo trovi, comunque ora arrivo e ci guardiamo.
Mia madre ha deciso che ero troppo irritabile per i suoi gusti e quindi ha pensato bene di aiutarmi a superare questo momento di sconforto e disperazione sbottandomi contro urlando qualcosa del tipo "Certo che rapportarsi con te è veramente difficile, hai un atteggiamento strafottente, per i cazzi tuoi c'è sempre tempo mentre per le cose mie non è mai il momento buono, va bene che devi studiare ma la parolina chiave è collaborazione, adesso sei più grande e dobbiamo entrare in un altro meccanismo".
E ok, sì, in questi giorni ti ho risposto male tante di quelle volte. E hai anche tu stress che ti piove addosso da tutte le parti. Ma stasera, che mi stavo impegnando anche molto per non essere troppo acida e non rispondere troppo male come i giorni scorsi, perché devi far saltare fuori questo? A parte che porca miseria, devo studiare per davvero. Almeno finché cerco di capire come giostrarmi, sembra che sia troppo chiedere di essere lasciata stare un attimo. Se me ne vado a Bologna a stare con delle coinquiline, mi rimprovererai perché non sono a casa ad aiutarti a fare la cucina? Ma per favore.
Mi scoccia davvero che lei mi dica queste cose, come se fossi una buona a nulla. Magari lo sono pure. Non lo so.
Mi viene la tentazione di chiudermi a riccio, non pensare più a niente e a nessuno e andare in giro col paraocchi e i tappi alle orecchie, magari anche curando poco l'aspetto, perché non sembra, ma anche quello è un dispendio di tempo ed energie non indifferente. Ha un bel da dire mia zia. Ogni volta che mi sente al telefono se ne esce con un "Mi raccomando, non uscire mai di casa sciatta e struccata, vestiti bene, capelli puliti e tutto, perché il primo impatto è quello che conta" e bla bla bla. Quattro giorni a inventarmi abbinamenti decenti tra i pochi panni che ho e già non ne ho più voglia. Se non riesco a truccarmi la mattina secondo lei dovrei farlo in treno o in bagno prima di lezione. Seriamente. Seriamente. La cosa è che il primo impatto è davvero quello che conta. E quindi per quanto mi possa sembrare sciocco e superficiale un discorso del genere, provo lo stesso a fare del mio meglio, vestendomi con qualcosa di carino quando vorrei solo rifugiarmi in una felpa gigante dove andare definitivamente in letargo. Perché io sono sicura che prima o poi ci cadrò, in letargo nella felpa. E sono anche piuttosto sicura che il giudizio degli altri sul proprio conto sia minato dall'aspetto e dal modo di apparire che si ha. Odio pensarlo. Ma lo so per esperienza, in pratica.
A me sembra semplicemente di stare annegando in un vortice di cose. Pressione e paranoie da tutte le parti. Sprechi di tempo come perdite di acqua in un rubinetto. E quel tipo che ho beccato in treno mi ha detto che un suo compagno era andato in esaurimento nervoso, mentre chiacchieravamo amabilmente. Secondo me prima o poi ci arriverò anch'io. Tra un paio di mesi o forse uno solo, o forse tra una settimana. Si accettano scommesse.

Ragazzi, l'università fa male, non provateci a casa.