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martedì 25 settembre 2012

Vorrei smetterla con questa sfilza di post depressoidosi. Davvero.

Forse mi ero già chiesta questo: come si fa ad andare avanti se sei ad un crocevia con, fai, 100000 strade diverse che sono tutte sbarrate?

E la risposta è: non si può. O si torna indietro, o si aspetta un intervento divino che cambi le cose.

E io sono due mesi e dieci giorni che cammino in tondo come un'idiota nella piazza del crocevia. Aspettando l'intervento divino di cui sopra.

Pazza!

sabato 22 settembre 2012

Voglio.

Sì. Voglio. E non me ne frega se è un'erba che non cresce nemmeno nel giardino del re. La faccio esistere io, perché lo dico io. E sapete perché esiste? Perché volere non è potere. Proprio per niente. Per niente. Puoi volere quello che ti pare. Ma non succederà. Un emerito. Nulla.

Voglio dormire.
Voglio svegliarmi e fare cose.
Voglio dare un calcio all'apatia, in senso letterale, e chissenefrega che l'apatia è una cosa astratta.
Voglio uscire di casa e non tornarci fino a tarda notte.
Voglio sferrare calci rotanti alle cose senza per questo essere sgridata.
Voglio essere rapita da una folata brutale di vento mentre sono fuori al balcone a portare dentro i panni stesi, come avevo scritto una volta in un tema quando ero credo in quarta elementare.
Voglio che qualche prodigio temporal-letterario faccia piombare qui l'Innominato in persona, e che mi scambi per Lucia e mi porti in qualche posto remoto e inaccessibile.
Voglio affogare nelle lacrime.
Voglio cancellare le lacrime.
Voglio cioccolata.
Voglio non avere il mio corpo.
Voglio non provare invidia per quei corpicini filiformi, esili e dannatamente leggiadri, che tutte le altre hanno.
Voglio correre. Saltare. Correre saltando. Saltare gridando. Gridare correndo. Voglio dimagrire correndo, saltando e gridando.
Voglio non essere me.
Voglio non essere egocentrica, narcisista, ipocrita.
Voglio ammalarmi di qualcosa. Voglio avere la febbre.
Voglio guarire dalla mia follia cronica.
Voglio mandare a quel paese mezzo mondo.
Voglio cazzeggiare. Voglio avere tutto tranne che un contegno o un linguaggio decente.
Voglio avere il diritto di ascoltare I Belong to You dei MUSE a tutto volume, come i miei hanno il diritto di ascoltare il peggio del peggio del pop italiano a tutto volume, pretendendo di essere sopportati, peraltro. Oppure, voglio avere il diritto di dire "Per favore, mettiti le cuffie mamma".
Voglio cantare senza che mi si chieda se ho mal di pancia, ballare senza che si sospetti che ho ingoiato un manico di scopa, amare chi mi pare senza essere perennemente sfottuta e ostacolata da persone a caso che non sto a nominare.
Voglio essere presa sul serio.
Voglio avere 18 anni.
Voglio scappare di casa.

Voglio morire.

Voglio vivere.

Voglio che la gente si faccia tanti esami di coscienza prima di parlare.
Voglio farmi tanti esami di coscienza prima di parlare.
Voglio che mi cada in testa una pentola a pressione e mi venga l'amnesia.
Voglio avere ragione per una sola volta, una sola.
Voglio passare un sabato sera come lo passerebbe una qualunque altra quindici-quasi-sedicenne.
Voglio che gli alberghi a tre stelle nei paesini di montagna costino meno di 31 dannatissimi euro a notte.
Voglio un treno diretto da Bologna a Genova.
Voglio un jet privato.
Voglio il dono del teletrasporto.
Voglio un unicorno alato.
Voglio endorfine, tante endorfine.
Voglio insalata che rilasci endorfine.
Voglio mille tazze di tè.
Voglio poter non mangiare mai più.
Voglio vomitare arcobaleni.
Voglio essere una ragazza alternativa che trova il modo vero e definitivo di fottere il dannato sistema e lo applica all'istante.
Voglio studiare tutte le lingue che mi pare senza sentirmi dire che non mi servirà a niente conoscerle in futuro. Ma non me ne frega un ciuffolo, se mi serviranno o no. Lasciatemele studiare e basta.
Voglio voler suonare.
Voglio una felpa, una felpa ben precisa, e, ancora più nello specifico, anche la persona a cui la felpa appartiene.
Voglio che il mondo sparisca.
Voglio la Pangea.
Voglio decidere io per me per una volta senza essere limitata dalle apprensioni e dalle critiche altrui.
Voglio essere una filosofa.
Voglio tenermi la rabbia dentro fino ad implodere.
Voglio implodere.
Voglio che la terra si apra sotto di me e mi inghiotta.
Voglio essere un fosfolipide.
Voglio staccarmi dal pc.

E' cambiato qualcosa?
No.
Ho solo speso una quantità madornale di tempo in nulla.

Morale della favola. Passate un po' del vostro tempo a volere le cose. Volerle e basta, senza scervellarsi su come ottenerle. Fermarsi e dirsi "Ehi, io VOGLIO questa cosa". Così per sport. Per rendervi conto di cosa volete quando neanche voi lo sapete più.
Magari volere non è potere, ma volere è comunque nel nostro potere.

mercoledì 19 settembre 2012

Breakdown mode.

Quel momento in cui per l'ennesima volta, ascoltando un pezzo, mi viene da piangere e mi rannicchio sulla sedia tentando di trattenere i singhiozzi che mi rimbalzano nel petto come acqua in ebollizione, quando poi realizzo improvvisamente che sono da sola a casa.

Boom.

lunedì 17 settembre 2012

Flash.

Una lacrima kamikaze si fionda giù dalla mia guancia con un tuffo carpiato con doppio avvitamento, o qualcosa di simile. Voglio fiondarmi da qualche parte anch'io. Trovare delle ciglia da usare come fantastico trampolino di lancio e buttarmi giù verso la Sardegna. E di me non rimarrà che una scia vagamente salata.

domenica 16 settembre 2012

Riflessioni stupide guardando il sole fuori.

Domani riprende la scuola. No.
Sto lasciando scorrere questa ultima giornata di vacanza ora dopo ora senza fare assolutamente niente di "vacanzoso". Mi balena in mente l'immagine inquietante di una clessidra senza quasi più granelli in cima. Granelli che fino adesso sono venuti giù cento-duecento alla volta, e adesso scorrono lenti e tristi, uno ad uno, verso l'inesorabile, come condannati verso il carcere.

Ok, no, non è così terribile ricominciare la solita vecchia routine. E' solo che non riesco a realizzarlo nella mia mente. E' tutto così diverso. Quando andavo alle elementari o alle medie i miei si occupavano di tutto, e io li vedevo comprare quaderni e libri, li aiutavo a foderarli, stampavo le etichette (peraltro sfigate, fatte su Word), partecipavo attivamente, sembrava che ci fosse un mucchio di cose da fare. E quando erano state fatte tutte, e con un sorriso soddisfatto chiudevo la cartella finalmente pronta, sapevo che l'anno scolastico poteva ufficialmente cominciare.

Negli ultimi tre anni è stato diverso. Ero più autonoma, e poco mi ci è voluto per capire che maggior parte dei grandi preparativi erano poi superflui.
Non ho più l'astuccio con tre cerniere, una per penne e matite, una per i colori a pastello, una per i pennarelli. Non c'è più bisogno di fare la punta ai pastelli nuovi fiammanti, messi tutti in rassegna nei loro anellini di stoffa elastica, che tra un po' sembrava quasi che ti chiamassero e ti implorassero di essere usati.
Non ho più i quaderni "classici", che bisognava sempre portarne un po' di riserva, nel grande armadio di classe, perché finivano. E spesso avevano alcune pagine incollate o riempite di strani disegni, perché le saltavo nella fretta di continuare un tema o un dettato. Adesso è tempo di raccoglitori. Qualche prof (anche se raramente) li snobba, ma molti confidano nella nostra capacità di persone-quasi-adulte di non disperdere magicamente in giro tutti i fogli (non so quanto facciano bene, in realtà).
Non ho più le etichette sfigatissime fatte con Word. Scribacchiare la materia interessata sulla copertina del raccoglitore con un pennarello indelebile (o sulla prima pagina di un libro con la matita, che dir si voglia) è più che sufficiente, e puoi farlo anche sul momento.
Non fodero più i libri - e loro ne risentono parecchio, poveretti, specialmente quando alla fine dell'anno si ritrovano con nove mesi di dentro e fuori continui dallo zaino. Interi pomeriggi negli ultimi giorni d'estate se ne andavano via in onore delle fodere dei libri. Ora questa cosa continua a succedere, ma per i miei fratellini.
Ho il diario, cosa che alle elementari non avevo. Anche alle medie l'avevo, ma nei miei diari di scuola superiore ci sono molte meno dediche: poche ma sincere. Piuttosto, ci sono molte più annotazioni random/flussi di coscienza/disegnini strani quando lascio la matita libera di correre sulla carta, totalmente fuori dal mio controllo. Ma comprare un diario è poca cosa, puoi farlo anche in mezz'ora, se esci in paese e non resti troppo indeciso su due o tre scelte valide.

Ci ho messo credo dieci minuti netti a scopiazzare una parte dell'orario provvisorio nel diario nuovo, svuotare lo zaino ancora pieno di sassolini estivi e scatole di cingomme (già, le cingomme... dedicherò un post alle cingomme, prima o poi) (cingomme, cingomme, cingomme) (basta), radunare un minimo sindacale di carta e penne per domattina, svuotare la sacca di ginnastica dove albergava un residuo di maglietta stropicciata e un paio di pantaloni da tuta che non era messo meglio, radunare una maglietta larga e un pantalone di tuta incontaminati e stampare le relazioni che erano per compito. Dieci minuti netti per cominciare un anno scolastico. Possibile?

mercoledì 12 settembre 2012

"Fake it 'til you make it"

Nel giro di due giorni la mia scrittura è cambiata repentinamente, senza quasi rendermene conto scrivo molto più in piccolo.

Ho scoperto che se fingo indifferenza e dico di stare bene, la mia vita può anche andare a rotoli, ma poi mi sento decisamente meglio anch'io.

E' sufficiente non menzionare nulla.

Va tutto alla grande.

lunedì 10 settembre 2012

Crollo.

Per la miseria, dannazione, manca una maledetta settimana all'inizio della scuola. No, no, no, no, no. Non può essere, il mondo sta davvero continuando ad andare avanti per cazzi propri. Cavolo, è un affronto. Come può? Una settimana! Perché? Dov'è scappata quella moltitudine di ore di ozio che mi sembra ieri che era ancora metà agosto e invece adesso...

...

Non voglio tornare a scuola. E' qualcosa di innaturale, per favore, posso ritirarmi per il resto della vita? Non voglio tornare a percorrere tutte le sante mattine in perenne ritardo quei 10 minuti di salita sotto la pioggia autunnale. Non posso. Mi ricorda troppo l'Inghilterra. Già, l'Inghilterra, che posto meraviglioso. Posto dove puoi trovarti nel mezzo di pioggerellina autunnale in luglio. Posso tornarci? Posso andare a vivere negli alloggi al campus dell'University of Surrey, casa 39 stanza E? O casa 32 stanza A, indifferentemente.

Sto lentamente cadendo in pezzi. Credevo che piangere mi avrebbe fatta stare meglio, ma sono lacrime diverse dal solito. Non è sfogo, non è buttare fuori lo stress. Ogni volta che piango mi sento più svuotata, sola, spaventata dalle implicazioni dei fatti e dai lati negativi delle cose. Se non abbraccio il cuscino non prendo sonno in nessun modo, e la musica in cui mi immedesimo invece di consolarmi mi rinfaccia tutto il mio dolore. Se tento di fare cose sto meglio, ma solo finché la mia mente è occupata. E appena la lascio libera di vagare fra pensieri random, la tristezza mi torna addosso ancora, e ancora, e ancora. E' come quando cerchi di rinfrescarti con un ventaglio. Sul momento stai meglio, poi appena ti fermi hai più caldo di prima.

Ma tanto ora il caldo si stempera lentamente e passa, trascinato via dall'autunno che si prepara a incedere. Ci sono già delle foglie ingiallite che cominciano a cadere.

Non so come sarà quest'anno scolastico. Non ho nemmeno finito i compiti. Per come mi sento, non so nemmeno se arrivo psicologicamente integra a lunedì prossimo. Sarà strano. Gran parte della nostra classe è rimasta, ma in diversi sono andati via/arrivati/tornati dopo qualche mese di cambi scuola a random. E non sono ancora capace di risolvere un sistema 3x3 senza fare astrusi errori di calcolo nel mezzo, errori che spesso sono piccoli e quindi non ho voglia di stare a cercare. Rimane che in matematica mi sento abbastanza incapace, anche se ero sempre andata bene finora. Non oso pensare a geometria e ai teoremi. Ma mi scoccia di calare in una materia in cui posso dare il massimo, quindi cercherò di mettermi sotto. Forse.

Sonno e torpore mi occludono le palpebre. Nonostante mi sia addormentata alle due passate, alle otto mi sono svegliata e alzata come se niente fosse. Ma se non dormo un 7-8 ore a notte le mie facoltà mentali sono effettivamente compromesse, infatti sto totalmente delirando, come al solito, anche se stranamente non ho voglia di mettermi a dormire e non passo il mio tempo a sbadigliare.



Quanto odio tutta questa apatia.

sabato 8 settembre 2012

Spezzatino di versi che viene fuori quando all'una di notte ti prende una crisi di depressione cronica. E ora che ci penso, era anche venerdì!

Se avessi
singhiozzi
abbastanza affilati,
potrei
squarciare
questa coltre di
statico silenzio,
ma voglio celarti
il mio dolore,
le mie lacrime
e i miei respiri
pesanti,
mamma.

giovedì 6 settembre 2012

Strani e brevi viaggi mentali in una sera di fine estate.

Ok, quindi immaginiamo di prendere tutte le ingiustizie del mondo, grandi e piccole, dall'esistenza delle bombe nucleari all'inesistenza della Pangea, dall'internet troppo lento alla fame del mondo, dallo sfruttamento di qualunque risorsa naturale al prezzo troppo alto di uno stupido profumo alla mora (o, se è per questo, di un qualunque profumo), immaginiamo di prendere tutto ciò e farne un elenco, tutte le ingiustizie una sotto l'altra, credo che ne verrebbe fuori qualcosa di così mostruoso da estendersi tipo per una quarantina di milioni di metri, e si arrotolerebbe intorno al mondo come una catena, opprimendolo.

Beh, elenco o non elenco, direi che è più o meno quello che succede.