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sabato 13 febbraio 2016

Valentine blues.

Sarebbe potuta andare diversamente. Quasi riesco a distinguere, nella matassa di pensieri fumosi che ho in testa, la sagoma di noi due che balliamo, ci prendiamo, ci lasciamo, ci riavviciniamo e giriamo in tondo, seguendo la musica, lentamente ma con trasporto, come nel mezzo di un sogno.

Invece l'unica cosa a cui la musica fa da sfondo è l'ultimo treno della sera, che mi riporta verso casa, stazione dopo stazione. E l'unica cosa che si vede fuori dal finestrino, nel buio di questo sabato inutile, è qualche lampione solitario, luci aranciate che oscillano mentre il treno curva e sobbalza, lentamente, seguendo la musica. E di fianco al finestrino, ci sono io. Sola.

E penso che domani è San Valentino e forse tu nemmeno mi penserai, perché tanto comunque non stiamo più insieme da due settimane. O magari mi penserai, e ti dirai che hai fatto bene ad agire così, pur di non soffrire oltre. O forse, forse ti manco almeno un po'. Io, dal canto mio, continuerò a torturarmi col pensiero che avrei potuto cambiare le cose. Che ho avuto possibilità innumerevoli di agire in modo da far andare a finire le cose così: noi due che balliamo, seguendo la musica, lentamente ma con trasporto. E sarà il San Valentino più malinconico di sempre.