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giovedì 6 giugno 2013

Gentilissimi Innominati,

Con la presente, anche se non la leggerete, o perlomeno non in questa sede, ci tengo a farvi comprendere i livelli della vostra profonda incoerenza e insensatezza. Anche se so già che il mio tentativo andrà a vuoto.

Tanto per cominciare, teoricamente dovreste capirmi, ma non lo fate, e continuerete a non farlo. Non capisco come mai dobbiate continuamente creare problemi su problemi intorno a una piccola semplice classica questione: me.
Qualunque paura possiate avere sul mio conto e su quello che mi potrebbe succedere se mi mandate a ***, è qualcosa di infondato. O per meglio dire, sarebbe dovuto insorgere molto prima nella vostra mente. Ovvero alla primissima occasione, che ora come ora non ricordo, in cui sono rimasta fuori di casa per più di un giorno. E qui i casi che si prospettano sono due. E si applica il principio del terzo escluso, come nei sillogismi aristotelici. O vengo considerata una persona con abbastanza raziocinio da esser lasciata libera di viaggiare in tutti i casi, oppure in altrettanti casi vengo reputata troppo incosciente dei misteriosi pericoli che si aggirano in luoghi diversi da casa mia (?) e lì vengo lasciata fino alla maggiore età. Non c'è una via di mezzo, non c'è un ma, non c'è obiezione che tenga, almeno finché la mia destinazione non diventa tipo il Bronx o un accampamento nomade o qualcosa. Allora forse potrei anche capire.

Ora, fino ad oggi, più o meno, tralasciando eccezioni di varia natura che non ricordo più ma che sicuramente ci sono state, dato il vostro suddetto livello di coerenza, sono stata lasciata abbastanza libera, quando c'era l'occasione, di andare in altri posti, anche relativamente lontani. E la questione riguarda un posto relativamente vicino. Molto più vicino di altri posti in cui sono stata. Sono stata in posti più lontani per più tempo. Che poi la lontananza è una cosa relativa. Dato che avete la simpatica abitudine di non dire mai le cose fuori dai denti (e sì che in teoria, dati i rapporti e i legami che abbiamo, farlo non dovrebbe costituire un problema), e preferite di gran lunga celare le vostre ragioni dietro una cortina di implicitazioni più o meno chiare, allora vi reggerò il gioco.

Mettiamola così: voi dite che il vostro viaggio ve lo siete fatto (un viaggio mentale, s'intende); qualunque, e ripeto, qualunque cosa sia stata partorita dalle vostre menti contorte, è qualcosa che potrebbe succedere in qualunque luogo, in Australia come a un chilometro da qui. Perché le cose succedono, e non si fanno certo scrupoli se la latitudine in cui devono succedere non corrisponde esattamente a tot. E a dire il vero, per quello che ne sapete, qualunque cosa vi siete immaginati, potrebbe benissimo anche essere già successa: chi può dirlo?
Potrei rispondere io stessa a quest'ultima domanda, ma la scelta di implicitare le cose non è stata lanciata da me.
In sintesi, non abbiate paura di mandarmi in un luogo, solo perché quel luogo ha nome ***: è un luogo come un altro, e il controllo che avete su di me è uguale in quel luogo come dietro l'angolo di casa, come ho dimostrato prima.

So già che, nel momento in cui io dovessi fare davvero questo bizzarro discorso per astrazioni, le casistiche sarebbero:

  1. non verrei ascoltata fino alla fine
  2. verrei interrotta
  3. verrei ascoltata, ma solo per finta, per poi vedermi rifilare una contraddizione di qualche tipo (della serie che non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire, e voi pare proprio che vi siate tappati le orecchie con la cera)
Ma ciononostante, non potevo non provare almeno a mettere le mie ragioni su carta.
Sperando che comprendiate, come un pazzo spera nell'impossibile, vi porgo un cordiale saluto.
O potrei forse decidere di togliervelo.

Mio malgrado vostra,
M.S.


Disclaimer di varia natura:
"***" non è una censura di parolaccia, e gli Innominati sono reali, un po' come ha fatto Manzoni nei Promessi Sposi, per non citare certi nomi di posti e di persone.
Non sono a conoscenza dell'effettiva esistenza o meno della parola "implicitazioni"
Se troverò mai il coraggio di ripetere tutto questo a voce alta, mi bacerò i gomiti
Se troverò il coraggio di ripetere tutto questo a voce alta e sarò addirittura ascoltata e compresa almeno in parte, senza che si passi il tempo in cui parlo a cercare una risposta, arriverò in cima all'Everest
Se non si fosse capito, ODIO quando la gente è troppo implicita e criptica
Ho 16 anni, non 6
I destinatari di questa lettera non ne verranno probabilmente mai a conoscenza, viste le ragioni di cui sopra. Proprio non vogliono capire.

lunedì 3 giugno 2013

Claustrofobia.

Incredibile come io possa passare le intere settimane, se non gli interi mesi, senza fare un emerito cazzo, e mettermi a bloggare proprio quando dovrei sfangare per millemila esami, interrogazioni, cosine stupide che spuntano fuori tra maggio e giugno come da copione. Sarà che più sfango più mi viene naturale sfangare, su tutti i fronti, al punto che qualche sprazzo di vita schizza anche qui.
A parte questo, se non fosse che sono effettivamente costretta dalle circostanze a darmi da fare un minimo, mi sentirei del tutto un vegetale. Ho perso un mare di abitudini. Da quelle banali/scarsamente utili, tipo ogni mattina lavarmi la faccia con il sapone fatto apposta e mettere la crema idratante (ed è veramente buona quella crema, è veramente un peccato non metterla perché la pelle dopo ha una consistenza figosa), a quelle più necessarie che utili, tipo studiare ogni tanto, e alla sera suonare fisso subito dopo cena (e poi ci si chiede perché questo anno accademico mi sia andato a scatafascio, comunque sia, ho un esame tra una settimana e mezzo, andiamoci, e che vada come deve andare). Non scrivo più, non esco più, non disegno più, non leggo più (o almeno non come prima), non vado più a correre la domenica pomeriggio (perché la pioggia di merda da marzo a questa parte non sta venendo altro che di domenica), i Samalo sono andati a farsi allegramente friggere e rimane un Malo che è sincero come il ferro ma si sente che è un pochino monco, anche se non lo si vorrebbe ammettere, anche se si sta bene lo stesso e si sopravvive lo stesso e non dobbiamo correre dietro a nessuno, o almeno, questa è la sensazione che ho io. Magari la gente normale se ne frega e guarda avanti. Ma andiamo, vi pare che una nostalgica e paranoica come me debba passarla liscia di fronte a cotanto traumatizzamento?
Quindi così, tiro avanti solo perché ci sono costretta, come dicevo. E siccome ho vissuto per mesi e mesi proprio come un vegetale, e mi sono mossa tardi dal mio stato di semincoscienza generale verso gli importanti-fatti-della-vita (tipo quello che a maggio e giugno l'individuo medio deve sfangare dibbruttissimo per portare a casa un buon risultato sotto qualche punto di vista), sono pericolosamente in bilico tra il farcela e il non farcela, e mi viene paura che qualcosa, qualunque cosa possa andare storta. Poi magari sono io che sono una scimmia ormonale a settimane alterne ed esagero tutto, e magari andrà tutto bene, ma tra me che sono stesa, i miei che sono ancora più stesi, i nervi di tutti che non fanno altro che saltare, saltare e saltare, la pioggia schifosa e maledetta che non se ne va, anche a costo di cadere a minuti alterni, mio padre che sfancula mia madre perché la frittata di zucchine non è venuta perfettamente perfettissima, e altre mille piccole cose che danno costantemente sui nervi, stasera non ce la potevo fare, mi sono dovuta mettere a scrivere volente o nolente. Più che io che scoppio, mi sembra che sia il mondo intorno a me che mi va sempre più stretto e mi soffoca a piccole dosi. Ogni cosa che mi dà noia mi diventa insopportabile, come con le spine, che in sé e per sé sono un pericolo relativo, ma se te ne cravi una in un fianco è un bel divertimento poi starla a sopportare.

Spero almeno di sopravvivere all'implosione.