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sabato 6 agosto 2022

Ragionamenti barcellonesi

Dopo questa settimana ho un po' bisogno di decomprimere. Di non lasciare che le cose continuino a succedere una dopo l'altra e le cose più nuove sovrascrivano subito quelle vecchie, in queste ferie al cardiopalma dove dovrei riposarmi ma in realtà mi ritrovo a girare come una trottola.

Un po' ho anche bisogno di capire cosa succede esattamente alle mie emozioni. Ultimamente faccio fatica a sentirle.

Barcellona è stata la città dove ho fatto l'erasmus. Il problema è che l'erasmus è iniziato a febbraio 2020. Ho vissuto normalmente per un mese, poi all'improvviso ha chiuso tutto. Avevo un laboratorio dove stavo facendo il tirocinio. Già non mi sembrava di essere partita granché bene, dopo essere rimasti bloccati a casa una parte di me ha completamente smesso di funzionare e il tirocinio è andato uno schifo, essenzialmente perché non lavoravo. Ormai sono due anni che continuo a ripensare a che tesi ridicola ho portato alla laurea e a quanto mi sono scudisciata nella schiena per questo. Ancora non ne vengo a capo, né riesco a perdonarmi. Sta di fatto che il resto dell'erasmus è stato, più di tutto, le quattro mura estremamente blu della mia camera, quattro come le persone con cui ho passato il lockdown e con cui, com'era naturale, si passava il tempo a sbronzarsi, allenarsi, ascoltare musica e guardare cose alla TV. Solo che era speciale, perché eravamo in una situazione di crisi fuori dall'ordinario, a livello individuale e mondiale. Quindi dietro a tutto il tempo che ho passato lì c'è stato un vissuto emozionale molto forte.

Quando abbiamo preso l'aereo sabato scorso e ho realizzato che stavo ritornando a Barcellona, mi sono sentita piuttosto euforica. Non vedevo l'ora di tornare a passeggiare per tutte le strade a cui avevo agganciato dei ricordi, che fossero pre-lockdown o posteriori, di quando era comunque tutto chiuso ma si poteva di nuovo uscire a passeggiare e vedere altri esseri umani. Solo per vedere un po' la città nel suo complesso le giornate a nostra disposizione si sono riempite, tanto che sembravano lunghe come intere settimane. Camminavamo ventimila passi al giorno e facevamo in modo e maniera di mangiare patatas bravas in un posto diverso ogni giorno. Ci sparavamo tutti i monumenti e i siti di interesse che potevamo, nei limiti del viverci comunque questa settimana con dei ritmi umani. E comunque per tutto il tempo in cui siamo stati lì mi sentivo perfettamente a mio agio. Barcellona è una città che ho desiderato estremamente conoscere fin da quando ho iniziato ad abitarci, ed è una conoscenza che si può approfondire all'infinito, dalla storia urbanistica, agli eventi più importanti, alle storie dei singoli quartieri. Una volta che me l'hanno un po' spiegata, l'ho capita e la sento mia, al contrario di altre città che invece non sono mai riuscita a farmi entrare in testa. Solo che poi, quando è stato il momento di ritornare in Italia, non ho provato neanche un briciolo di nostalgia, come se tutto fosse avvenuto in modo meccanico, oserei dire perfino meccanicistico. Sveglia, fare colazione, fare valigie, prendere aereo. Tutto come programmato. Mi sembra così strano essere privata di questo sentimento, proprio in questo periodo, in cui mi sembra che tutte le mie emozioni siano come attutite, e proprio dopo essere tornata da Barcellona, che è il fulcro di tante cose che mi sono successe a livello interiore. Di solito sentire il carrello dell'aereo che si stacca da terra mi riscuote sempre da qualunque torpore, mi fa capire che sì, sta succedendo davvero, sto viaggiando, e mi sembra quasi che la sensazione della terra che mi attira a sé sia un invito a lasciarmi andare alla nostalgia e a non partire, e che lo strappo che dà l'aereo al decollo sia il corso inarrestabile del mio destino. Di solito me lo sento nella pancia. Stavolta niente.

Non so, forse è che non sono finite le vacanze e ho ancora due settimane di posti e persone da vedere davanti a me. Forse è che Barcellona ormai la sento come una delle tante case del mio cuore, ed è come se sapessi già che ci tornerò. Forse è davvero parte di quel pattern per cui non riesco più a sentire le cose altrettanto genuinamente rispetto al passato, e sto ancora cercando di capire quale problema stia al fondo di questo sintomo, ma non è per nulla facile. I pensieri si collegano l'uno all'altro, ma più che una catena logica finiscono per formare un groviglio infinito dove mi sembra sempre di ripassare per gli stessi punti. E forse anche questo viaggio, più che una semplice vacanza, è stato un cercare di ripassare da un punto sperando di ritrovare qualcosa.