Così mi sembra di
andare, alla deriva, sperduta. Non so se andare avanti, ma non voglio tornare
indietro e non voglio fuggire via per una scorciatoia, così provo ad andare
avanti comunque, lottare contro il vento, contro quello che non vedo e quello
che non so, contro il futuro, contro chi la pensa diversamente da me, contro
qualcosa che è più grande di me. Contro la tristezza che mi assale anche solo
per una parola, un fatto, un gesto, un pensiero.
Che strano quando ogni singola parola o immagine sembra esistere solo per arrecarti un'offesa.
Tengo la testa occupata con i miei mille impegni, il mio sedativo il computer, informazioni su informazioni che riguardano chiunque fuorché me. Impegni, cose da fare, prove da superare, ostacoli da scavalcare, perché se li aggiri ti ricompaiono davanti - la vita non funziona così, non puoi rimandare, non puoi fermarti, superi le difficoltà o sei fuori, tiri avanti o sei fuori, ti rialzi o sei fuori, puoi solo andare avanti, non importa da che parte corra il vento, non importa se sei su una metaforica salita ghiacciata; avanti finché la vita ti pulsa dentro, e devi ringraziare di essere in gioco e basta. Leggo frasi idiote, guardo immagini stupide, parlo di cose futili, dico una barzelletta, anticipo una freddura, rido, diresti che è un'esistenza a suo modo tranquilla, e a volte invece vorrei fermarmi. Far cadere la maschera che metto quando voglio far credere che vada tutto bene. Quando sono sola, isolata, circondata da ossessioni, ossessioni in carne e ossa che chiacchierano amabilmente a proposito di ciò che fa uno sputo su una scala o una duna nel deserto. Quando i miei amici sono lontani chilometri e invece avrei bisogno di loro, ma non posso contattarli nemmeno. Quando a sapere veramente come sto e a tirarmi su il morale c'è solo me stessa, ma l'unica cosa che me stessa è in grado di fare, a volte, è piangere. La fregatura è che non sono in grado di diventare invisibile quando torna comodo a me. Né fermare il tempo finché torna comodo a me. Che poi, mi sono sempre chiesta se il tempo esista o meno, ma tutto è relativo e probabilmente anche il tempo lo è. Se non esiste, mi domando come poter fermarlo. O come poter andare avanti, o indietro.
Poi, è il mondo che a giorni alterni si coalizza contro di me, oppure sono io che inizio a vedere le cose in modo spaventosamente negativo? Sono gli altri che si dimenticano di me, o sono io che mi faccio piccola per passare inosservata? È colpa mia, che voglio passare per felice indossando la mia maschera di cera, o degli altri, che mi guardano e non mi vedono, che mi ascoltano e non mi sentono?
Spesso, mentre mi pongo questi interrogativi mistici e ripenso a situazioni in cui mi sono trovata, mi rendo spaventosamente conto che quella più egocentrica ero io. Che gli altri avevano problemi peggiori per le mani ed io ero lì a mormorare "voglio andare a casa, che palle", pensando "aiuto, sto morendo dentro", quando avrei potuto dialogare, aprirmi agli altri, lasciare che gli altri si aprissero a me. E in questo periodo mi si rimprovera sempre più spesso di star lì da sola a farmi i fatti miei mentre potrei aiutare. Volendo sono egoista verso me stessa, persino. In questo momento mi sto giocando più o meno il mio futuro, scrivendo frasi insensate da persona insensata mentre potrei star studiando qualcosa di importante - la musica, per esempio. Invece no, perdo il mio tempo passivamente, occupandomi solo di me, pensando solo a me, ma alla fine chi sono io per il mondo, cosa ho fatto per arrogarmi alcun merito, per avere ben più di un amico, per essere quello che sono? Perché non mi rialzo?
Continuo a pensare "aspetterò un altro po', poi inizierò a darmi da fare". Un'ora, due, un giorno, una settimana. Il tempo passa e io sono sempre io.
E più cerco di guardarmi dentro, più mi accorgo che non ci capisco più niente.
Che strano quando ogni singola parola o immagine sembra esistere solo per arrecarti un'offesa.
Tengo la testa occupata con i miei mille impegni, il mio sedativo il computer, informazioni su informazioni che riguardano chiunque fuorché me. Impegni, cose da fare, prove da superare, ostacoli da scavalcare, perché se li aggiri ti ricompaiono davanti - la vita non funziona così, non puoi rimandare, non puoi fermarti, superi le difficoltà o sei fuori, tiri avanti o sei fuori, ti rialzi o sei fuori, puoi solo andare avanti, non importa da che parte corra il vento, non importa se sei su una metaforica salita ghiacciata; avanti finché la vita ti pulsa dentro, e devi ringraziare di essere in gioco e basta. Leggo frasi idiote, guardo immagini stupide, parlo di cose futili, dico una barzelletta, anticipo una freddura, rido, diresti che è un'esistenza a suo modo tranquilla, e a volte invece vorrei fermarmi. Far cadere la maschera che metto quando voglio far credere che vada tutto bene. Quando sono sola, isolata, circondata da ossessioni, ossessioni in carne e ossa che chiacchierano amabilmente a proposito di ciò che fa uno sputo su una scala o una duna nel deserto. Quando i miei amici sono lontani chilometri e invece avrei bisogno di loro, ma non posso contattarli nemmeno. Quando a sapere veramente come sto e a tirarmi su il morale c'è solo me stessa, ma l'unica cosa che me stessa è in grado di fare, a volte, è piangere. La fregatura è che non sono in grado di diventare invisibile quando torna comodo a me. Né fermare il tempo finché torna comodo a me. Che poi, mi sono sempre chiesta se il tempo esista o meno, ma tutto è relativo e probabilmente anche il tempo lo è. Se non esiste, mi domando come poter fermarlo. O come poter andare avanti, o indietro.
Poi, è il mondo che a giorni alterni si coalizza contro di me, oppure sono io che inizio a vedere le cose in modo spaventosamente negativo? Sono gli altri che si dimenticano di me, o sono io che mi faccio piccola per passare inosservata? È colpa mia, che voglio passare per felice indossando la mia maschera di cera, o degli altri, che mi guardano e non mi vedono, che mi ascoltano e non mi sentono?
Spesso, mentre mi pongo questi interrogativi mistici e ripenso a situazioni in cui mi sono trovata, mi rendo spaventosamente conto che quella più egocentrica ero io. Che gli altri avevano problemi peggiori per le mani ed io ero lì a mormorare "voglio andare a casa, che palle", pensando "aiuto, sto morendo dentro", quando avrei potuto dialogare, aprirmi agli altri, lasciare che gli altri si aprissero a me. E in questo periodo mi si rimprovera sempre più spesso di star lì da sola a farmi i fatti miei mentre potrei aiutare. Volendo sono egoista verso me stessa, persino. In questo momento mi sto giocando più o meno il mio futuro, scrivendo frasi insensate da persona insensata mentre potrei star studiando qualcosa di importante - la musica, per esempio. Invece no, perdo il mio tempo passivamente, occupandomi solo di me, pensando solo a me, ma alla fine chi sono io per il mondo, cosa ho fatto per arrogarmi alcun merito, per avere ben più di un amico, per essere quello che sono? Perché non mi rialzo?
Continuo a pensare "aspetterò un altro po', poi inizierò a darmi da fare". Un'ora, due, un giorno, una settimana. Il tempo passa e io sono sempre io.
E più cerco di guardarmi dentro, più mi accorgo che non ci capisco più niente.
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