Era tutto cominciato
così, con quel pazzo sogno, mio e del mio maestro di chitarra, di provare ad
entrare in Conservatorio. E a dire il vero, era cominciato tutto molto prima.
Aveva tutto avuto inizio un giorno, mi sembrano passate intere ere geologiche da
allora, anche se magari nell'ottica di una qualunque persona sarebbe solo
qualche anno, cinque o sei anni, ero in quinta elementare quando per la prima
volta sentii dal vivo strimpellare una chitarra classica. Giorni relativamente
felici, quelli di quinta elementare. Già sotto il profilo sociale iniziavo a
delinearmi mezza sfigata, ma era qualcosa che dipendeva solo da me. Sotto certi
punti di vista ero stupida, col senno di poi non avrei fatto determinate
scelte, ma dopotutto non si nasce imparati, e del senno di poi son pieni i
fossi, come si suol dire. E non dimentichiamo, ovviamente, che l'anno dopo
avrei iniziato le medie, e la cosa mi faceva sentire alquanto grande. All'epoca
avevo un concetto abbastanza relativo del sentirsi grandi, forse perché ero la
più piccola della classe, per mese di nascita, o non so per quale astruso
motivo, ma in qualunque contesto io fossi mi sentivo sempre piccola
relativamente a qualcun altro. Insomma, già alle elementari il mio subconscio
era folle. Vi lascio immaginare come sia adesso. Ma sto divagando. Le medie del
mio paesucolo di montagna hanno la meravigliosa caratteristica di essere a
indirizzo musicale. Vale a dire che ci sono dei professori che insegnano i
ragazzi a suonare uno strumento oltre al flauto dolce di ordinaria
amministrazione. E io, non so perché, ero profondamente affascinata dal
pianoforte. Ero determinata a suonare il piano, a dispetto di ogni lato
negativo o complicazione che potesse sorgere in seguito. Casa mia era
piccolissima, lo spazio per un piano dove lo trovavi? Ma non mi importava, ero
pienamente determinata. Finché una mattina ci piombò in classe questo
professore di chitarra, un metro e mezzo di puro carisma ed espressione, e
appena iniziò a suonare fu qualcosa di incredibile. Non ricordo esattamente la
sensazione, o comunque non la so descrivere a parole in questo momento, l'unica
cosa che ricordo è che qualche ora dopo ero pienamente decisa a suonare, per i
successivi tre anni, la chitarra. Così, quel chitarrista diventò il mio
professore, e mi fornì l'ancora di salvezza, forma d'espressione, arte e
linguaggio a cui tengo di più: la musica. Non riuscirei a stare senza per un
solo giorno. Se non avessi modo di ascoltarla, suonerei. Se non avessi modo di
suonare, canterei. Canto sempre anche in condizioni normali, quindi posso
affermare che canterei 25 ore su 24, in mancanza di altre risorse. Suonare era
fantastico, qualcosa di nuovo e mai sperimentato. Ricordo che in prima media
l'attaccamento che avevo nel mio strumento, in senso prettamente materiale, era
parossistico (traduzione: tendevo ad
abbracciare/baciare continuamente la mia prima chitarra, e non mi biasimo,
penso che allora fosse la mia unica vera amica). Ma dopo la terza media,
l'esame e le vacanze, poco meno di due anni fa, beh, non so cos'è successo.
Penso che la mia voglia di suonare abbia complottato in segreto di costruirsi
una bella villa sulla Luna, e vi si sia trasferita uscendo in punta di piedi.
Probabilmente organizza grandi feste ogni sabato sera, insieme a tutte le altre
voglie di suonare perdute. Un giorno la rapirò e me la riprenderò, ma per ora
ne sono sprovvista. Da allora non so perché ho continuato a suonare. E ora che
mia madre è uscita dalla mia camera, dopo una ramanzina lunga interi minuti, in
cui mi ribadiva di nuovo tutti i sacrifici che avevamo fatto come famiglia,
anche solo per farmici entrare, in quel benedetto Conservatorio, e dopo essere
passata alle minacce, dato che è la terza sera di seguito che non suono, ho
iniziato a farmi delle domande. Tipo. Perché ho continuato comunque ad andare
avanti? Nonostante per un anno io non abbia quasi suonato? Nonostante la prima
persona che non crede in me sono io? Perché ho scelto di arrancare ancora un
anno? Perché ho deciso di iscrivermi, due anni fa? Perché ho scelto di suonare
uno strumento, in quinta elementare? E probabilmente la risposta è: tutta colpa
della musica, che continua a spingermi, tirarmi, mandarmi avanti. Mi manda
avanti da un anno, mi porterà a duettare con un violoncellista, mi manderà
all'esame di conferma, dentro fino in fondo o fuori per sempre, e ormai i
giorni che mancano sono sempre di meno, e se passerò avrò di nuovo la facoltà
di scegliere, il diritto di scegliere, l'onore di scegliere ma anche l'onere di
scegliere. Mica una scelta facile. Si tratterebbe di dire, di nuovo, dentro
fino in fondo, o fuori per sempre. I professori, al Conservatorio, potranno
stabilire se accogliermi nella cerchia dei musicisti di professione, o
sbattermi fuori a calci nel culo. Ma nel caso in cui io avessi la possibilità
di diventare musicista, l'ultima parola spetterebbe sempre a me. Sì o no.
Sembrerebbe così semplice, e invece, nella sostanza, andrei a decidere che fare
nei prossimi otto, nove anni della mia vita. E l'altra cosa che mi spinge a non
rinunciare, è quel fuori per sempre.
Essere preclusi dal poter raggiungere qualcosa per il resto della propria vita,
questo sì che mi sembra un dramma. Insomma, temo proprio che andrò avanti
finché di me non ne avranno abbastanza. Oltretutto, anche avere una bellissima
laurea in musica, non sarebbe male. Ma ora come ora non so nemmeno se arriverò
all'anno prossimo.
Se avessi saputo che a dieci anni avevo praticamente in mano il mio destino, se avessi potuto vedere cosa sarebbe successo, cosa sarebbe cambiato nel dire un sì o un no, ora non so se sarei qui. Se potessi vedere ora come sarò tra 10 anni, forse tacerei. Ma come sarò tra 10 anni, fondamentalmente, lo sto decidendo anche adesso, alla luce del fatto che la vita è piena di sì e di no. Mia madre mi ha chiesto: "Hai intenzione di suonare, domani?". E io le ho risposto di sì. Non so ancora se l'ho fatto per poter andare al corso di teatro, o per intenzione sincera. Forse entrambe o forse nessuna delle due. Chi può dirlo. E quindi ora non mi resta che smettere di ciarlare, chiudere il pc, e vedere un po' dove mi porta la mia scelta.
Se avessi saputo che a dieci anni avevo praticamente in mano il mio destino, se avessi potuto vedere cosa sarebbe successo, cosa sarebbe cambiato nel dire un sì o un no, ora non so se sarei qui. Se potessi vedere ora come sarò tra 10 anni, forse tacerei. Ma come sarò tra 10 anni, fondamentalmente, lo sto decidendo anche adesso, alla luce del fatto che la vita è piena di sì e di no. Mia madre mi ha chiesto: "Hai intenzione di suonare, domani?". E io le ho risposto di sì. Non so ancora se l'ho fatto per poter andare al corso di teatro, o per intenzione sincera. Forse entrambe o forse nessuna delle due. Chi può dirlo. E quindi ora non mi resta che smettere di ciarlare, chiudere il pc, e vedere un po' dove mi porta la mia scelta.
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