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sabato 13 settembre 2014

Ragioni per cui non voglio tornare a scuola.

Diversi mesi fa
*rumore di una posata che colpisce ripetutamente un bicchiere di vetro per attirare l'attenzione* Compagna di classe arrivata quest'anno, che si accinge a fare quello che ha poco prima definito un importantissimo discorso. Inizia a prendere in esame tutte le persone sedute intorno alla tavola, e di ognuna racconta le prime impressioni, come queste sono cambiate, come nuove amicizie si sono strette e, in sintesi, come lei ha finito per amalgamarsi tanto bene alla compagine. Appena capisco dove va a parare la cosa, sento che vorrei sparire.
Cosa potrebbe mai dire di me? Ci scommetto che le ho fatto l'impressione della super secchiona noiosissima dalla prima volta che ci siamo incontrate. E da lì in poi è stato un diminuendo.
Io sono seduta dall'altra parte del tavolo. E attendo pazientemente che arrivi il penoso momento, mentre mi appello a creature mitologiche e santi e santoni di ogni religione, pregando di sparire all'istante, mille metri sotto terra o mille miglia lontano da quel tavolo. O mi sto rivolgendo alle entità sbagliate, o non mi viene dato ascolto, perché arriva il mio turno e io sono ancora lì. A questo punto, mi dico, stiamo a sentire.
"Beh, Mary, che dire... In un certo senso se non fosse per lei non sarei nemmeno qui." *mormorii di incredulità e qualcuno che chiede "come mai, scusa?"* "...beh, mi ha aiutata a preparare l'esame di informatica"
Beh, sono colpita. L'ho aiutata eccome, mi sono bruciata gli ultimi giorni di vacanza e grasse matinée per dare una mano con Java a lei e un'altra ragazza. Ha menzionato l'unica cosa che poteva menzionare per non far capire che non centravo proprio niente in mezzo a quella gente. Ma poi iniziano a parlare tutti gli altri.
"Vabbeh, ma tanto, per quanto era difficile quell'esame..."
"Ma sì, chi ha mai fatto niente di informatica,"
*seguono altri commenti di questo tipo*
Bel tentativo, Elenina, e grazie della considerazione. Ma come hai potuto vedere, screditarmi va più di moda.

Quest'estate, mentre ero anni luce lontano da qui
Ad un certo punto controllo il telefono e mi accorgo che c'è una chiamata persa. Compagno di classe. "Merda" penso "Mi telefona tutte le estati! Adesso lo richiamo, chissà se lo trovo." Rifaccio il numero con una gran voglia di fare due chiacchiere, ma non c'è risposta. Dopo molte peripezie finalmente vengo richiamata.
"Pronto!"
"Ciao Mary! Tutto bene? Cos'hai fatto quest'estate?"
"Bene dai... ho fatto un sacco di cose, esami fino a giugno, a lavorare fino a luglio, agosto al mare e torno tra qualche giorno... *continuo a blaterare per qualche minuto di cose che ho fatto, sinceramente convinta che dall'altra parte ci sia interesse per quel che sto dicendo* e tu come stai?"
"Ma abbastanza bene! *resoconto di un trenta secondi di cose che ha fatto* Tu sei già andata a teatro per quel lavoro che dobbiamo fare di italiano?"
Beh, boom. Doccia fredda. Dopo aver parlato per un po' del suddetto lavoro, chiudo la chiamata. E passato un po' di tempo, realizzo che se non avesse avuto bisogno di informazioni su spettacoli teatrali della mia zona, non sarei stata cercata. Non mi faccio dei grandissimi problemi però. Ormai ci sono abituata.

Qualche settimana dopo
*telefono vibra* Compagna di classe. Apro Whatsapp e leggo. "Ciao Mary! Come stai? Come hai passato l'estate? ^^". Beh, a 'sto giro l'antifona l'ho capita. "Ciao :) Beh abbastanza bene, grazie... dimmi tutto!"
Ovviamente, è rimasto sottinteso (anche se mi sarebbe tanto piaciuto esplicitarlo a male parole) che sapevo benissimo che lei di me e della mia estate se ne sbatteva altamente il cazzo, e che quindi era meglio che evitasse di comportarsi come se le importasse qualcosa.

Io con quella gente non ci voglio tornare ad avere a che fare. Mi consolo con il fatto che sarà solo, su per giù, per cinque ore e mezza al giorno. E cerco di farmi forza pensando che è l'ultimo, dannatissimo anno in loro compagnia. Ma quest'anno se lo ricorderanno bene. Oh, e farò in modo che si ricordino più che bene di me, quando saranno fuori da questa scuola che disprezzano tanto, ma che frequentano con tanta leggerezza. Quando non avranno capito qualcosa nella materia X e saranno nei casini per il compito imminente, si ricorderanno più che bene di me e dell'aiuto che ho dato in passato a chi me lo chiedeva. Solo che rimarrà solo un ricordo, perché io di altro aiuto non ne do. Credevo che mi sarebbe stato utile a stringere amicizia, ad approfondire i rapporti più superficiali. Invece mi ha fatto solo perdere tempo, farmi delle illusioni e successivamente soffrire.
E sarà difficile, perché mi viene spontaneo. Solo che andare avanti così proprio non funge.

venerdì 1 agosto 2014

Considerazioni sul #100HappyDays

Imbarcarmi nel #100HappyDays è stata una cosa tutto sommato positiva, specialmente considerando le seguenti cose avvenute in concomitanza:
  • La ragazza che è comparsa nel giorno 1, insieme a tutta la sua compagnia, adesso è l'amica più stretta che ho (oltre ad aver cominciato la stessa sfida nello stesso giorno);
  • Sto imparando a ballare, circa;
  • Sono andata a 3 o 4 feste e altri 4-5 eventi sociali di varia natura e ho suonato in 2 concerti e un saggio, senza contare almeno una decina di uscite; e tutto questo nell'arco di soli 100 giorni;
  • Se prima i vestitini nel mio armadio erano una specie rara, adesso ne ho qualcosa come 7 o 8, e nelle valigie per il mare ne ho messi ben 5;
  • Ho fatto per quasi 6 settimane un lavoro noioso e fondamentalmente brutto, e sebbene le prime settimane patissi le pene dell'inferno e mi maldicessi per aver accettato la proposta di lavoro (ero caduta in un circolo vizioso di pensieri negativi sulla scia di "la mia estate adesso è rovinata"), alla fine non solo sono arrivata in fondo al periodo previsto per lo stage, ma ho anche finito il lavoro per il quale ero stata chiamata. La soddisfazione quando mi sono staccata dal computer dicendo "Ragazze, ho una notizia per voi... ho finito le email" è stata indicibile. E tra l'altro il giorno 100 era l'ultimo giorno di lavoro, quindi ho festeggiato due volte;
  • Ho scritto una canzone, nemmeno tanto brutta;
  • Sono sopravvissuta ad un altro anno scolastico, riuscendo a riportare la media a quella che avevo in prima, e subito dopo ho gestito l'esame di licenza di solfeggio (con voti inimmaginabili considerando quanto ero scarsa il primo anno).
In tutto questo il fatto di non aver avuto periodi brutti (o almeno non che fossero particolarmente lunghi) è stato insolito. E magari in futuro potrei anche rifare la sfida da capo, anche solo per avere una scusa per pubblicare foto dei gelati mega che mangio a merenda.

sabato 31 maggio 2014

Cose curiose di oggi. (Day 39)


  • Finalmente ho dormito per un tempo sufficiente, con annesse due buone orette di rotolarsi nelle coperte in attesa della voglia di alzarsi, ed era tanto tempo che non mi tiravo su a un orario tipo undici e venti, e a dire il vero erano anche due o tre settimane che non dormivo abbastanza.
  • Il viola a teatro non porta sfortuna. Tutta la mia fluente capigliatura era viola sotto quei riflettori dorati (tra l'altro caldi, ma caldi, che neanche le lampade dei forni), nessuna prova generale dall'inizio alla fine, due dei sei attori/lettori principali non avevano mai provato lo spettacolo, ma nulla è andato storto.
  • Per andare a fare il suddetto spettacolo avevo messo in conto la necessità di avere con me un paio di auricolari, ma ne ho avuto così poco bisogno che mi sono ricordata solo cinque minuti fa che li avevo infilati nella tasca della felpa, potrei benissimo averli lasciati a Calcara senza essermene accorta.
  • Guardare le foto di quando avevo i capelli del mio colore naturale mi fa strano. Se dovessi mai voler tornare ad avere il mio colore, ci metterò degli anni tra ricrescite e cose varie, e quando ho fatto la prima tinta a febbraio (che era un bel mogano potente) non ci avevo pensato. Ma non mi pongo il problema, perché questo color melanzana (anche se io preferisco dire che è un color mora) mi pare proprio il mio colore ideale, e in tanti mi dicono che sto meglio così.

martedì 22 aprile 2014

One Hundred Happy Days.

Dovrei star dormendo. Ma va', non succede mai che stia sveglia più del dovuto. Vacanze di Pasqua finite in un soffio, durate quanto un normale weekend. Anche se ho fatto più cose, che di solito non faccio (io che esco la sera e sto fuori fino alle undici e mezza? Una cosa del genere non si era mai vista, andiamo). Quello che resta adesso sono due settimane in cui si andrà a scuola tipo quattro giorni in tutto. Passeranno in fretta anche quelle, lo so. Domani è uno di questi quattro o cinque giorni. Ed ecco perché dovrei star dormendo, appunto.

Però di dormire non ne ho voglia, se non altro perché così assaporo gli ultimi attimi di vacanza (?), o forse perché ho nel petto questo strano senso di vuoto, antipatico promemoria del fatto che avrei potuto sbrigare diverse faccende in questi giorni e invece non mi sono mossa per niente. Specialmente oggi. In fondo, che mi costava stare di meno attaccata al computer a perdere il mio tempo in fefinerie per fare qualcosa di utile, se non agli altri, quantomeno a me stessa?

Da un po' di tempo, addirittura da prima delle vacanze, stavo pensando di cominciare una specie di sfida, che consisterebbe nel trovare ogni giorno per 100 giorni qualcosa che mi renda felice anche solo un minimo. Ci ho messo un po' a decidermi definitivamente per una serie di motivi - questo non è un gran periodo e anche adesso che ho preso la mia decisione non sono del tutto sicura che riuscirò a portare a termine la cosa. Però domani si comincia. Ci si prova. Magari a scuola mi farà schifo starci, magari a casa l'ambiente non sarà dei migliori, ma qualcosa di positivo in un'intera giornata ci deve pur essere. Se riesco ad applicare l'intero ragionamento ai prossimi 100 giorni, dovrebbe essere fatta.

Proviamo questa cosa, e vediamo come va.