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giovedì 31 gennaio 2013

Masochismo.

Il momento in cui sento una canzone per la prima volta dopo sette mesi e mi salgono le lacrime agli occhi. Non me lo aspettavo, il tempo di dezippare una cartella, controllarne il contenuto e poi...
Apparentemente si tratta di una canzone qualunque, un pezzo di musica simil-classica e parecchio commerciale suonata tutta al pianoforte da qualche "artista" praticamente anonimo.
Ciononostante nel momento preciso in cui premo il tasto play la melodia familiare mi fulmina. La melodia della nostra sveglia, che nei momenti meno opportuni iniziava a suonare per avvertirci che eravamo potenzialmente in ritardo per il meeting delle 2 per le attività pomeridiane. O per il biscottino digestivo delle 10 e mezza (sì, perché alle 10 e mezza di sera loro ci davano i biscottini, certi con pezzi di frutti di bosco dentro, certi alla vaniglia, certi al cioccolato, ma i digestivi erano assolutamente i più buoni). O per i giri di ronda della mezzanotte.
Fiotti di ricordi e lacrime mi sommergono piano piano mentre finalmente mi ricordo il dannato motivetto che per mesi e mesi è sfuggito alla mia memoria. Ecco come faceva! Dal flusso dei miei pensieri emergono immagini di una stanza da universitario, una valigia per terra, una bacheca piena di puntine e testi di canzoni, giornate scandite da quella sveglia. Le due settimane più belle della mia vita.
Mi ricordo improvvisamente di quante cose mi mancano, di allora. Dai nostri alloggi che puzzavano di polvere intrappolata perennemente nelle moquette verdognole ai compagni di classe sfrattati che chiedevano di scroccare un posticino nella tua camera, dalle quattro stagioni che si scagliavano sul campus nel giro di una sola giornata alla cioccolata da Starbucks, dai group leader le cui ronde ci apparivano tanto inutili alla direttrice, oh mio Dio la direttrice, come dimenticarla, e quel coro che avevamo fatto dopo esserci prese una sgridata collettiva, e la caccia al tesoro sotto l'acquazzone con gli indizi tutti macchiati e zuppi d'acqua, e la volta che ho perso le chiavi e i cibi strani che galleggiavano in paludi di sughi iperspeziati, non so se mi dà più nausea il pensare a quanto mi davano spavento o a quanto mi manca tutto ciò.
Tutto perché ho premuto il tasto play.
E mi rendo conto che forse avevano ragione a dirmi che, da quel posto, non sono mai tornata davvero.

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