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giovedì 12 aprile 2012

Sorrow sank deep inside my blood.

Il dolore è affondato nel profondo del mio sangue. Ora, non so perché la mia testa vada a rigirare intorno alle parole più tristi della canzone più triste che io conosca. Avrei sperato di non ascoltarla più per tanto, tanto, tantissimo tempo. E invece non ho resistito, ed eccomi qui ad ascoltare I Won't See You Tonight part 1.

Ieri pioveva. Ha piovuto più o meno per tutto il giorno, a tratti. Ed era il giorno del rientro dalle vacanze di Pasqua, che sono state troppo corte. Oltretutto io, che sono molto intelligente, proprio l'unico giorno in cui faceva bel tempo ho deciso di non uscire. E non uscire anche solo per un giorno o due, durante le vacanze di Pasqua, equivale a bruciarsi un quarto del potenziale svago che si potrebbe avere. Senza poi contare che, il giorno prima di tornare a scuola, non ero riuscita a dormire bene, quindi ero estremamente stanca. E pioveva. Anche in circostanze normali, se il mio umore è abbastanza stabile, il clima non influenza più di tanto il mio stato d'animo. Eppure ieri, correndo sotto la pioggia per la salita infinita che va da casa a scuola, in perenne ritardo, la prima cosa a cui ho pensato è stata questa canzone. Ed era infinitamente deprimente la luce dei neon, profondamente artificiale, a rimpiazzare la luce che il sole, così coperto, non poteva dare. La prima sensazione che è sopraggiunta è stata malinconia, nient'altro che malinconia. Un senso di... come se in questo periodo io stessi andando avanti giusto per fare, senza dare un vero scopo alla mia vita o un vero senso alle mie azioni. O c'è qualcosa che manca, o c'è qualcosa di troppo, o forse entrambe, non saprei dire ora come ora.

La prima volta che ascoltai quella canzone, ecco, a dire il vero non ricordo quando fu, ma doveva essere grossomodo giugno scorso, lo stesso periodo in cui cominciai a scrivere sul blog. Col tempo l'ho imparata a memoria. Ogni movimento, ogni strofa, verso, parola, ogni rumore distorto, ogni nota di pianoforte, ogni pausa e ogni colpo di piatti. La musica è dannatamente bella, specialmente quando esprime tristezza. Dannata tristezza. E quella canzone era particolare nel suo genere, particolarmente e dannatamente triste, al punto che mi ha incantata. Mi ci immedesimavo completamente. Mi abbandonavo, e mi abbandono, alla malinconia. Sorrow. Non ho mai trovato un termine in italiano che renda bene il significato di questa parola. E' strano, a volte mi capita, ci sono termini in inglese che esprimono perfettamente un concetto, mentre invece il loro corrispondente in italiano lascia a desiderare. Dolore? Pena? Cruccio? Mi sembrano tutte, non saprei, quasi banali. Sorrow è molto di più, è dolore, ma un dolore psicologico. E' un senso di disagio, dispiacere, malinconia, inadeguatezza e sofferenza messi insieme. Non c'è una parola in italiano con cui io possa riassumere tutto questo. Ci passai l'estate, ascoltando quella canzone. Al mare. Di pomeriggio, quando la stanchezza era troppa per tornare in spiaggia, il caldo troppo opprimente per uscire, la noia e l'inerzia terribilmente accentuate. Un tempo morto. Le scelte erano dormire o stare in silenzio. Ero isolata da tutto e da tutti, lontana dal mio mondo e dalla mia realtà. Poi ci pensavo, e mi rendevo conto che la mia era una realtà di ragazzina sostanzialmente sfigata, quasi priva di vita sociale, sbeffeggiata dai compagni di classe e abbandonata persino dalla migliore amica. E scattava la depressione. La voglia di abbandonare il mio mondo, cambiare vita, lasciare anche quello che c'era di buono, per il solo gusto di liberarmi di quello che non mi andava. Pensieri viziati, che la musica in parte acquietava e in parte alimentava.

La fregatura, o forse la fortuna, è che la vita va avanti, e a volte migliora, persino. Quindi, anche se mi ricordo bene cosa si provava ad essere quello che ero fino a quest'estate, non mi ci riconosco più. Penso che a momenti non mi riconoscerei nemmeno nella me stessa di ieri. Ok, la vita è fatta di fasi, ma questa è una fase decisamente stocastica. Mi guardi ora e sono depressa... beh, ma neanche depressa, diciamo insofferente, ecco... E magari tra 10 ore sprizzerò gioia da tutti i pori, così, a random. Per poi tornare disinteressata al mondo dopo altre 4 ore.

Ecco, ci sono. Penso che sia forza di disperazione. Penso che il mio subconscio (che solitamente è sempre bastardo, ma in questi casi è portentoso), vedendomi deperire ogni giorno di più, sempre più svogliata, vuota e stranita, mi stia dando una specie di richiamo. Quell'inquietudine di fondo che mi accompagna in questi giorni, forse non è altro che una specie di sveglia interiore. Devo fare qualcosa, devo esprimermi, ho bisogno di stancarmi fisicamente.

Ultimamente è un'attività che trovo quasi piacevole, affaticarmi. Tipo che ogni volta che vado in piscina cerco di nuotare il più possibile, quando vado ai campi non faccio che correre e saltare in giro, e ora che ho ripescato da uno scatolone la mia vecchia corda per saltare non mi ferma più nessuno... tant'è che martedì, saltando la corda come una bambina delle elementari, ho fatto un sacco di movimento, quindi ho le gambe ancora distrutte. Da piccola ero allenatissima, arrivare a 100 salti di fila senza incepparsi era la prassi, e facevamo gare con le compagne di classe, durante l'intervallo, a chi riusciva a saltare di più. Questo implicava, in un giorno, arrivare anche a 500 salti. Un allenamento micidialmente salutare. Peccato che i ricordi di quei bei tempi lontani mi avessero lasciato un'illusione di onnipotenza. Sono bastati 200 salti a malapena per distruggermi. Non peso più 30 chili e non sono più abituata a passare il mio tempo a saltare, quindi le mie gambe non reggono. Fortuna che una decina di minuti al giorno per allenarmi un po' li troverò sempre. Sono già partite le sfide epiche tra amici, tipo come alle elementari. Mi sento molto una bambina. Ma sentirmi così mi dà anche un senso di allegrezza.
Credo che sarà la mia ancora di salvezza all'inerzia cronica.

Basta cazzeggiare ora. Domani è venerdì, poi ci sarà un lungo weekend. Animo, la settimana sta già finendo. Inesorabilmente veloce. E non so come rendere il tutto meno monotono, quindi comincerò con lo spegnere il  pc.

2 commenti:

  1. Le cose tristi, specialmente le canzoni, attraggono in modo strano, forse perchè non c'è vita senza dolore e nelle parole dei cantanti ritroviamo un po' noi stessi... sapere di non essere gli unici a provare dolore e tristezza ci fa sentire meno soli e conforta...

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    1. Già, dev'essere così, anche perché del resto, chi non ha passato un brutto periodo?

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