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martedì 6 marzo 2012

Pezzi di me.

Beh, oggi è martedì. E come tutti i martedì di questo follemente frenetico anno scolastico, ho dovuto affrontare, nell'ordine, scuola, corso di teatro e conservatorio. Inutile dire che a scuola sono arrivata in ritardo, insomma, sono uscita praticamente alle 8, alle 8 e 5 si inizia, e la megasalita che porta da casa mia a scuola, per non morire, bisogna farla in minimo sette-otto minuti. Poi che oggi avevo chimica, quindi, arrivata a scuola, sono andata giù giù giù di corsa nella mia classe a prendere il camice e poi su su su, rampa dopo rampa, fino al laboratorio di chimica... avete presente, nelle favole, la stanza più remota della torre più alta? Bene, l'auletta a fianco al laboratorio, dove abbiamo lezione di chimica, è paragonabile a quel genere di luoghi. Così remota che non si sente quasi neanche la campanella suonare... Brr, inquietante.
E la verifica di fisica alla quinta ora, che dire. Non era difficile, ma mi erano rimasti solo 15 minuti scarsi per finire la parte strutturata. Ma in qualche modo me la sono cavata. E poi di nuovo, via, di volata a casa (sfruttando il mio amico Marino che mi ha gentilmente offerto un passaggio... di quante cose devo ringraziarlo!!!), pranzo di corsa, prepararsi di corsissima, volare letteralmente a scuola per arrivare prima dell'inizio del corso di teatro. Beh, direi che quella è stata l'attività che mi ha procurato meno stress, a parte un attacco di gelosia (e la cosa che mi preoccupa è che la colpa NON E' del mio subconscio!!! la faccenda è molto seria T_T), il credito sul cellulare che sono riuscita di nuovo a finire, e la paranoia di dover prendere il treno e uscire da teatro con dell'anticipo. Alle 15.31 sono uscita. Ed ecco l'elemento bazzistico della mia frettolosa giornata: mi sono scapicollata dalla scuola al viale che passa per la stazione, correndo come una disperata, gradino dopo gradino, falcata dopo falcata, ed ero vicinissima alla stazione, per cui ho dato un'occhiata all'orologio. Ero a tipo trecento metri dalla stazione e mancavano sette minuti al treno. Ho deciso di prendermela comoda e i minuti da sette sono diventati tre. Così, sono corsa al bar a comprare i biglietti, ma davanti a me c'era la signora più flemmatica di questo mondo, che doveva fare la ricarica alla cassa. E così, tra dire il numero, digitarlo, fare lo scontrino, il tutto con una flemma indicibile, i minuti all'arrivo del treno diventavano due e poi uno e poi trenta secondi. Ho chiesto i biglietti e, contando i soldi per vedere se potevo comprare una ricarica, ecco che vedo con la coda dell'occhio il treno che arrivava. Mai successa una cosa del genere. Ho preso i biglietti in fretta e furia, con il mio portafoglio completamente aperto (tanto non c'erano soldi dentro), e sono corsa alle obliteratrici prima e al treno poi, seguita da un'ecatombe di biglietti e tessere varie che dovevo fermarmi ogni volta a raccogliere. Una volta in treno, facendo la ricognizione dei miei averi, mi sono ritrovata con le tasche laterali del portafoglio (tipo quelle dove si mettono le carte di credito, e cose del genere... io ci tenevo i biglietti usati accumulati in mesi di conservatorio, e altre bagagliate cartacee) stranamente vuote. Quando ho realizzato di aver perso tutti quei biglietti del treno e citypass usati, ci sono rimasta leggermente male. Sigh, è dallo scorso novembre che li conservo tutti. Novembre del 2010. Pensare che una dose considerevole di biglietti era rimasta a marcire sotto la snervante pioggerellina di mezza stagione, fuori dalla sala d'aspetto, sbalzata fuori dal mio portafoglio spalancato per colpa del principio d'inerzia, mi ha messo un po' di malinconia. Avevo il fiatone, ero sudata e mi era preso quasi un infarto, perché stavo veramente per perderlo, quel treno. E se perdevo quel treno, mi aspettavano un'altra vagonata di epiteti poco piacevoli (come quelli di cui parlavo nel post precedente). Per tranquillizzarmi, ho deciso di metter su un po' di buona musica. Ma per quanto provassi a rilassarmi guardando il paesaggio scorrermi a fianco, non ci riuscivo. Mi sentivo come se avessi dimenticato qualcosa, ma cosa? E allora ho pensato che forse è dovuto proprio al fatto dei biglietti. Perché perdendo un pezzetto del mio passato, tante strisce di carta timbrate ognuna in modo diverso, sembrerà banale, ma ho perso dei pezzi di me. Al ritorno da Bologna, passando per la stazione, ho intravisto delle macchie rettangolari luccicare, per terra, davanti alla sala d'aspetto. E ho pensato che sicuramente erano i miei amati biglietti. Ma non sono riuscita a controllare, erano tutti troppo di fretta, mia madre già in macchina e mio padre stanco. E quindi ora devo arrendermi all'idea di aver perso oggetti che segnavano i miei giorni in conservatorio, le lezioni saltate... Forse c'erano anche i biglietti per Casalecchio e quelli delle olimpiadi della matematica, in mezzo. Pazienza. Ora sono a marcire sotto la snervante pioggia di mezza stagione, e non ne resterà che irrecuperabile poltiglia. Tutto questo per una corsa pazza, per un salvataggio dell'ultimo minuto. Mi mette malinconia, ma dovrebe servirmi da lezione.
E detto questo, la smetto di tediarvi con le mie vicende vicendevolmente vicendevoli e vi auguro una buona notte.

4 commenti:

  1. Frequenti il conservatorio??? E cosa suoni? :)

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  2. Anche io! :) la suoniamo a scuola e io coltivo questa cosa a casa da autodidatta! :):)

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  3. Che cosa fantastica :D ok, se non ti conoscessi, solo per questo godresti di tutta la mia stima. Ma dato che scrivi anche benissimo, godi di più di tutta la mia stima :)

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