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domenica 12 febbraio 2012

Senso di incompletezza (interrogativi esistenziali).

Ma alla fine cos'è l'incompletezza?
Cioè, perché ci si sente incompleti? Perché mi sento incompleta in questo momento? È l'impressione che manchi qualcosa che non si conosce ancora e che migliorerebbe le cose, o la mancanza di qualcosa che si ha avuto ma non si può più avere? E se invece fosse un conflitto tra lati contrastanti di uno stesso carattere?  O un'accozzaglia di pensieri dietro alla quale in realtà non c'è niente, e quindi ci si sente vuoti?
E che devo fare perché passi, questo senso di vuoto che si espande, di nulla che avanza? C'è un modo perché passi? Se tento di esprimerlo, si accentua, e se tento di ignorarlo, si accentua comunque. O quantomeno rimane lì a dare noia, come quei rumori troppo squillanti e fastidiosi che si ripetono, tipo gli antifurti o le sirene o gli allarmi. Dopo un po' diventi indolente, ma c'è sempre un non so che di esasperato in te, una speranza che tutto finisca, che ci sia silenzio.
Cosa significa, se ci si sente incompleti? Cosa vuol dire? È un segnale? Un allarme? Magari che ne sai, è fame. Come quei languorini che ti vengono quando ti annoi e inizi ad avere voglia di mangiare schifezze. È così strano.
O forse è un rimorso per qualcosa di non detto o di non fatto. Esiste un modo di elaborare definitivamente i rimpianti verso il passato? Oppure rimangono sempre lì latenti, e sono la spiegazione alla voragine che mi sento dentro? No, dubito che sia così.
E allora, cosa? Cosa mi manca? Cosa non ho fatto, detto, vissuto? Devo assecondare i miei vizi per stare in pace con me stessa? Non credo. Delle due è il contrario. Di cosa ho bisogno di liberarmi?
Già. Liberarmi. Perché, tra l'altro, potrebbe darsi che non sia qualcosa che manca, ma qualcosa di troppo. Cosa? Perché?
Mi domando persino se sia giusto che io mi scervelli così, se questo mio pensare mi porterà a qualcosa di positivo, oppure se è semplicemente un tratto discendente nella cosinusoide della vita. Ok, questa della cosinusoide potevo risparmiarmela perché sa molto di tentativo impastrocchiato di frase filosofica. Però non ho resistito :3
Credo che aspetterò, tanto se pure ci penso non riesco a venire a capo di nulla. Vorrei essere una psicologa. Chissà se gli psicologi comprendono loro stessi, oltre che gli altri. Facile dare un consiglio e fornire un punto di vista esterno... Ma dare un consiglio a se stessi? Come?
Ci si dedica allo studio di ciò che è infinitamente grande o infinitamente piccolo, o anche a ciò che giace nel profondo dell'anima di qualcuno, nella sua logica e nei suoi pensieri. Ma alla fine penso che esplorare dentro ciò che giace nel profondo di sé, è quello a cui non si dedica nessuno. Siamo esseri incapaci di analizzare noi stessi. Perfettamente in grado di osservare, valutare e giudicare gli altri, ma quanto a noi stessi, non arriviamo più in là dell'immagine riflessa nello specchio.

Superficiali.

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